Filippo Margheri, ingegnere, appassionato di auto d’epoca, cantautore, per due anni nei Litfiba. Uscito dall’esperienza con una delle band più importanti della storia della musica italiana, Filippo ha cercato a lungo la propria strada e l’ha imboccata.
Il primo frutto di questo lavoro è Cattiva Bambina, un singolo e un video molto rock che ha deciso di offrire in anteprima a TRAKS. Il video anticipa il disco d’esordio InDipendenza, in uscita il 4 dicembre 2018. Abbiamo intervistato il cantautore, e le sue risposte sono sotto il video.
Partiamo da “Cattiva bambina”: come nasce il tuo nuovo singolo?
È la storia di una bambina cresciuta troppo in fretta, perché la vita a volte è cattiva e ti chiede di mostrarle i denti, a te che sei ancora un bambino, e in un attimo perdi tutto e devi scappare via, perché la guerra è in mezzo alle strade e uccide la tua infanzia e segna il tuo carattere.
È forte quella bambina e adesso che è grande può tornare finalmente a essere bambina con me. È una canzone piena di colori, si muove e cambia continuamente, si ripete ma sempre in modo diverso, proprio come la vita di quella bambina, è un caldo viaggio, è una voce narrante che disegna una fantastica avventura.
La canzone anticipa l’album in arrivo il 4 dicembre, “InDipendenza”: che significato ha il titolo (con questa grafia specifica) e che cosa ci puoi raccontare del disco?
Questo disco racchiude in sé i miei ultimi dieci anni di vita: reali, senza alcun filtro. Tutti i miei processi mentali, le mie gioie, le mie paure più nascoste, la mia coscienza che parla, i dubbi e le incertezze, la mia forza e la mia fragilità, il mio sacro e il profano. Un concentrato di quello che sono, che ho vissuto e che vivo, espresso con atmosfere, giochi di equilibrio, di suoni e melodie di più strumenti il cui fine è toccare l’ascoltatore, trasmettere energia, la stessa che mi attraversa, fatta di amore per la vita.
Indipendenza è ciò che cerco, stanco di Dipendere da troppe cose, stanco di Dipendere da luoghi comuni da falsità e ipocrisia. Indipendenza come obiettivo da raggiungere: aprirsi, guardare oltre a ciò che ci fan vedere. Indipendenza è una ricerca di verità e armonia e più la insegui e più capisci di quanto tu sia invece Dipendente, e, quando in parte la provi, non puoi più tornare indietro, è una nuova Dipendenza.
E’ passato qualche tempo dalla tua esperienza con i Litfiba: che cosa ti ha regalato lavorare con una delle band italiane più storiche e importanti?
Quando nel 2007 incominciai a lavorare con i Litfiba, avevo alle mie spalle dieci anni di vita passati con band e progetti solisti, un bagaglio importante di esperienze che mi avevano formato sia da un punto di vista artistico che un punto di vista umano. Entrai nella band con entusiasmo, portando la mia vena creativa e l’umiltà necessaria che un allievo deve avere se vuole imparare.
Ghigo fra tutti è stato quello che più ha apprezzato quel mio modo di essere, e si è dimostrato un vero maestro, conscio, ancor prima di me, di quelle che erano le mie potenzialità. A lui e quei due anni passati insieme devo soprattutto questo: l’aver preso coscienza, crederci. Solo così chi ti ascolta potrà crederti. Non sono sue parole, ma è ciò che mi ha trasmesso.
C’è un’energia che scorre attraverso ognuno di noi: in una band le singole energie si devono fondere in un’unica grande energia. Questa è la parte più difficile da realizzare: non basta essere dei bravi esecutori. Il mio compito nella band è proprio questo, e credo che fosse quello che faceva a suo modo Ghigo in sala all’epoca, ‘la giusta vibra’ come la chiama lui.
Per esperienze personali e scelte musicali mi sembri legato al cantautorato rock “tradizionale”: che cosa pensi invece della musica italiana del 2018?
Personalmente amo ciò che sento vero, qualche volta percepisco energia ascoltando la radio, magari una voce nuova che non riconosco e mi fa piacere. Non seguo generi, preferisco valutazioni singole. Con il rock ci sono cresciuto è vero, suonare con una band in cui gli strumenti sono basso, chitarra elettrica e batteria inevitabilmente ti spinge in una direzione di sonorità, e oggi mi appartiene. Amo le melodie, fanno bene alla mia anima. C’è tanta buona musica e tanta che non lo è, ma è talmente soggettiva come cosa che non ha senso che ti dica cosa per me è buono e cosa non.