Gianluigi Giorgino, chitarrista, arrangiatore e tecnico del suono, pubblica Feeling Unreal, il primo disco solista. Il disco è stato registrato nello studio di registrazione di Giorgino, il Giallo Recording Studio. Il musicista ha curato ogni fase della produzione, dall’arrangiamento ai missaggi. Abbiamo rivolto qualche domanda a Giorgino.
Sei chitarrista, arrangiatore, tecnico del suono e hai una carriera “tecnica” già piuttosto brillante: vuoi raccontarci come sei arrivato fin qui?
Il mio percorso nasce dalla passione per la chitarra elettrica e dalla voglia di conoscere e comprendere la musica. Anche dopo il diploma di “Professional Guitar Player”, conseguito presso il Musicians Institute in California, ho continuato a studiare, analizzando in particolare gli stili dei chitarristi che più amavo e approfondendo così la conoscenza di diversi generi musicali.
Ho avuto il mio periodo di “fissa” con l’hard rock, il rock psichedelico, il blues, il neoclassical metal, il funky, la fusion ed infine il grunge. Tornato dagli States, ho cominciato a lavorare come turnista ed è nata così un’altra grande passione: lo studio di registrazione. Ho cominciato quindi a fare il fonico freelance nel 2002 per poi realizzare, cinque anni fa, il mio studio dove tutt’ora registro e produco varie band ed artisti solisti.
Quali sono le motivazioni base che animano “Feeling Unreal”?
Innanzitutto, volevo esprimere completamente e liberamente la mia personalità e il mio gusto come chitarrista e come tecnico del suono.
In secondo luogo, avevo voglia di creare e proporre qualcosa di diverso da quello che offre oggi la discografia moderna che, già da molti anni, presenta prodotti sempre più finti e freddi perché, in fase di produzione, si utilizza esageratamente la tecnologia fino a sostituire i musicisti con i software, i suoni campionati e i loop, disumanizzando la musica.
Puoi spiegare il titolo del disco?
Feeling Unreal significa “sentirsi irreali”. Due parole che bastano da sole a racchiudere il senso di alienazione che ho cercato di trasmettere, attraverso la musica, nei brani del mio album.
Vuoi raccontare come hai messo insieme il team di collaboratori che suonano sul disco?
I musicisti che hanno registrato nel mio album sono, innanzitutto, dei buoni amici con cui ho precedentemente collaborato sia in studio di registrazione sia in contesti live. Giulio Rocca è un batterista molto tecnico e preciso e nell’album gioca un ruolo fondamentale. Non sono da meno Federico Pecoraro, bassista molto versatile e preparato e Fabio Capone, bassista, tra l’altro, con una grande esperienza e un grande suono. Luciano Selvaggio ha suonato il pianoforte su Mailman Blues e il synth su Freezing in space, colorando i brani con il suo tocco e la sua semplicità.
Come nasce una composizione piuttosto particolare come Room 1136?
Room 1136 è la stanza in cui si è fermato il tempo per l’ultimo mito della cosiddetta “generazione x”. E’ il mio tributo a Chris Cornell, un artista che ho amato molto e che mi ha dato tanto con la sua musica. Sviluppare la stesura della prima parte è stato piuttosto complesso, soprattutto per quanto riguarda la scelta dei suoni, perché avevo in mente un’immagine sonora ben precisa. La seconda parte, al contrario, è venuta fuori più istintivamente, suonando un riff con la mia Gibson “diavoletto” accordata in un modo particolare.
Gianluigi Giorgino traccia per traccia
Si parte da Grace, introduzione già piuttosto intensa per l’album, con la chitarra capace di librarsi in spazi floydiani e anche di trasmettere un certo qual senso di libertà.
Più ritmata e costruita dal basso Brain Washing, che ha colori più vicini al rock, oltre che un andamento regolare, anche se a metà brano l’atmosfera cambia parzialmente.
The Soul Catcher si presenta piuttosto vibrante fin dalle prime battute, con la sei corde che sviluppa temi che trasmettono anche un certo dolore.
Ecco poi Room 1136, contrassegnata da voci parlate che si intersecano, prima che la chitarra affermi il proprio imperante predominio.
Freezing in Space mostra una chitarra piuttosto “calda”, sottolineata dai movimenti del basso, in un contesto non troppo lontano dal jazz.
Si arriva così a Mailman Blues, un blues del postino morbido e un po’ ventoso, che rispetta i crismi del genere con attenzione e passione.
Si finisce con Icarus, un ricchissimo rock potente e deciso, che riempie le casse e viaggia veloce.
Il disco di Gianluigi Giorgino è fluido e, oltre a mettere in mostra le abilità tecniche del musicista, pone in primo piano anche la capacità di costruire panorami sonori molto differenziati e stimolanti.