Give Vent, ho plasmato il mood

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Si chiama Days Like Years il primo disco di Marcello Donadelli aka Give Vent (già nei Moscova e You vs Everything): un folk trascinante, contemporaneo e vivo, calato in otto tracce. Di cui una, Ashes, ti offriamo in free download esclusivo cliccando qui sotto:

In alto invece c’è lo streaming del disco intero. Abbiamo rivolto qualche domanda a Give Vent (che in inglese vuol dire “dare sfogo”).

Puoi raccontare la tua storia fin qui e spiegare perché hai scelto un nome come “Give Vent”? A cosa volevi dare sfogo?

Ciao! Give Vent è nato nel 2012 durante una pausa forzata dagli “You Vs Everything” (precedente progetto midwest-emocore ’90) dovuta a un cambio di formazione. All’epoca avevo alcuni pezzi che non erano adatti alle sonorità degli “You”, erano decisamente più personali e intimi e avevano bisogno di una dimensione diversa.

Ho sempre scritto con la chitarra acustica quindi alla fine è venuto un po’ da sé pensare di portarli in solitaria in un contesto più folk. Molto lentamente sono partito facendo alcuni piccoli live nella mia zona e con il tempo ho plasmato sempre più il mood di “Give Vent”. A fine 2014 le canzoni erano cambiate quasi tutte e mi ero reso conto di essere pronto per concretizzarle in un disco. A inizio anno (2015) ho scritto a Ivan Tonelli di Stop Studio che avevo conosciuto qualche mese prima e assieme ad Andrea Muccoli nel caldo di luglio abbiamo fatto questo disco.

La scelta di “Give Vent” viene dall’approccio dei live e dall’intimità dei pezzi. Quando ho iniziato ad arrangiare mi sono reso conto che tendevo a portarli un po’ all’estremo e a esternare molto sia con la voce che con la chitarra. La cosa mi piaceva. L’esorcizzare. Lo sfogarsi. Tutto andava in quella direzione e per dare un nome a questo progetto volevo qualcosa che suonasse tipo un “nome e cognome” come “Frank Turner” o “Ben Marwood” per capirci e alla fine “Give Vent” racchiudeva un po’ tutto questo.

Accanto alle classiche canzoni “da songwriter” ho trovato curioso qualche pezzo più arrabbiato e anche più singolare: per esempio, puoi raccontare come nasce “More than a Self Destruction”?

Dunque vediamo: “Self” (nome da scaletta) si colloca tra la prima e la seconda produzione di Give Vent, quella che poi è finita nel disco. La sua prima versione era lenta, arpeggiata e piuttosto malinconica, molto diversa da com’è ora. È un pezzo che forse aveva già la sua indole punk nella prima versione, probabilmente era solo “il vestito” a non essere adatto.

“Self” parla di rimanere incagliati in quelle abitudini, modi e pensieri che nascono dallo stare con una persona e che a volte, sono proprio quel tipo di cose che col tempo portano al collasso di un rapporto. Sono quelle gestualità che non ti appartengono del tutto e che dopo la rottura ti riprometti di eliminare anche se a volte ti accorgi che non è così semplice. “Self” è il promemoria per smettere con l’autodistruzione.

Un’altra delle canzoni che mi hanno incuriosito è “Ashes” (che proponiamo in  free download): qual è la sua genesi?

Il testo di “Ashes” è arrivato dopo l’ennesimo progetto in cui avevo speso parecchio tempo. Una volta terminato, a prescindere dall’impegno o dalla volontà, mi lasciò un senso di vuoto dato dalla consapevolezza, che tutto fosse finito. È un po’ come la presa di coscienza del giorno dopo. In generale racconta molto di Give Vent, di come nascono alcuni pezzi, del perché e del mio personale modo di affrontare ed esorcizzare certe situazioni. “Ashes” temporalmente è stata scritta dopo “Self” (prima versione) ed è probabilmente il momento in cui ho trovato la dimensione più solida dell’idea di come doveva suonare Give Vent.

Give Vent: cerco di creare empatia

give ventIl tuo disco è di qualche mese fa. Hai già del nuovo materiale pronto o qualche progetto avviato?

Certo! Sto lavorando in solitaria a un ep che dovrebbe uscire entro fine anno, conterrà qualche cover e un paio di inediti. Mentre con la banda stiamo arrangiando i pezzi per un nuovo disco.

Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

Direi nulla di particolare a pensarci: Chitarra Acustica // Elettrica. Basso, Percussioni (2 Timpani + Rullante + Piatti) e qualche Synth. Invece particolari sono state certe scelte di Ivan e Andrea di come far suonare alcune parti, tipo la doppia batteria su “More than a Self Destruction” o la distorsione sulla voce di “Winter will have an end”.

Puoi descrivere i tuoi concerti? Quali saranno le prossime date che ti vedranno coinvolto?

Cerco di creare empatia. Racconto le canzoni e aneddoti su di esse appena prima di suonarle. Fosse per me, quando suono da solo, lo farei senza amplificazione, in mezzo alla gente, i palchi mi creano una certa sensazione di distanza. C’è stata una volta (con la band) a Pieve in provincia di Bologna, in cui dovevamo suonare all’aperto a una grande festa. Un’ora prima comincia un mega temporale che dura un’ora e mezza. Palco andato. Pantano ovunque. La gente, però cominciava ad arrivare e con gli organizzatori abbiamo deciso di suonare ugualmente, ma in acustico nel parcheggio in mezzo alla gente. Il coinvolgimento è stato totale e per noi quello rimane uno dei live più belli!

Prossime date (in aggiornamento)
12/11 Cremona – Minuscolo Corsivo Festival
02/12 Verona – TBC
03/12 Schio – CSA Arcadia
10/12 Reggio Emilia – Ghirba Biosteria della Gabella

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?

Sul panorama italiano apprezzo particolarmente i DAGS!. Mi piacciono molto i loro arrangiamenti e il fatto che non siano scontati, cosa che li porta per me ad avere una sonorità slegata dalla scena italiana, più “internazionale”, se non lo sapessi potrebbero benissimo sembrarmi una band Americana alla TWIABP per capirci.

Gli Shizune al contrario hanno fatto un disco (per me incredibile) di riconoscibile matrice Italiana senza, però risultare uno dei tanti gruppi fotocopia della golden age dello screamo. Apprezzo molto anche loro.

Poi Urali, credo che sia una delle realtà più fresche che abbiamo qui, s’è costruito un suo “genere” che funziona alla grande e i pezzi sono una bomba. Ce ne sarebbero anche altri, ma diventa un discorsone, loro sono tra i miei più frequenti ascolti in questo momento.

Puoi indicare tre brani, italiani o stranieri, che ti hanno influenzato particolarmente?

King of Spain // Tallest Man on Earth
Di tutto quel disco (The Wild Hunt) è probabilmente il pezzo più “punk”, per usare un termine improprio ma calzante, che si avvicina alle sonorità che più mi sono familiari. Ovviamente non mi ci paragono neanche, Kristian non è di questo pianeta.

Because of the Shame // Against Me!
La versione acustica però (che rispetto alla versione con la band ha una resa 4 volte maggiore a parer mio)! Rientra nella categoria dei pezzi che ascolti all’infinito, in loop. Il testo è un macigno, è semplice e devastante. Dei loro pezzi è decisamente uno di quelli che trasmette di più.

A Pound of Flesh // Radical Face
Ma a dire il vero tutto quel disco per molti motivi, arrangiamenti in primis.

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