Smartphone LogosNo per carità, straordinario il ritorno del vinile. E niente male anche l’aumento delle vendite delle musicassette (anche se pare sia una bufala). Per non parlare del fascino algido del cd, perfetto e ancora insuperato. Però. Però se non sei un purista, oppure se sei un purista che ha fretta, che vuole curiosare, che vuole farsi un’idea e poi comprare il cd, il vinile, la cassettina e anche la chiavetta con il box set con tutte le rarità, allora avrai notato come ci siano un paio di alternative, o forse tre, su quel simpatico mezzuccio chiamato Internet.

Noi di TraKs ci siamo messi d’impegno e ti abbiamo analizzato i principali sistemi di fruizione musicale oggi in circolazione senza la necessità di acquisto e download delle canzoni. Insomma, lo streaming, nelle sue forme principali, sia quelle che ti consentono di ascoltare musica gratis, sia quelle che ti richiedono un abbonamento mensile.

Spotify

spotify-logo-1Di sicuro il più noto fra i servizi in streaming, a parte YouTube che fa caso a sé, Spotify è anche tra i più utilizzati al mondo: 75 milioni di utenti “free”, 20 milioni di iscritti Premium, per lo più con l’account che prevede un pagamento di 9,99 euro al mese, con un mese di prova gratis e offerte e pacchetti piuttosto frequenti. Spotify, che si può riprodurre da smartphone, tablet, pc, Mac, Linux e anche da Playstation 4 è disponibile in italiano.

La modalità free non ha limitazioni di tempo o di ascolti, se non frequenti (e moderatamente fastidiosi) spot pubblicitari, che ogni tanto concedono la possibilità di 30 minuti consecutivi di musica a patto di guardare un video. Oltre a non avere pubblicità, l’account Premium offre anche una qualità maggiore dello streaming, con bitrate fino a 320 kb/secondo, nonché l’accesso offline alla musica.

Oltre alle playlist personalizzate, alle possibilità di ricerca, alle playlist per genere e dedicate, è interessante la possibilità di creare una radio a partire da una canzone, da un album o da una playlist: Spotify sceglierà per te (a volte sbagliando, ma lo puoi correggere) le canzoni le cui caratteristiche più si avvicinano alla tua scelta originale. Su pc direttamente, e sui dispositivi mobili attraverso Musixmatch, è possibile anche seguire i testi di gran parte delle canzoni.

Nata nel 2006 in Svezia, l’azienda Spotify AB è stata fondata da Daniel Ek e Martin Lorentzon. Oggi l’azienda madre è la Spotify Ltd. con sede a Londra, anche se ci sono forti sospetti che presto il tutto sarà acquistato dai soliti amici di Google, che pure hanno il loro servizio di streaming con Google Play, oltre naturalmente a YouTube: non a caso pochi giorni fa è circolata la notizia che i preziosi archivi di Spotify siano passati dai server di Amazon a quelli del motore di ricerca fondato da Page e Brin.

Tutto bello quindi? Insomma. L’utente gradisce, ma dal punto di vista indie questo servizio di streaming nato anche grazie all’accordo con le major e alcune case indipendenti non ha soltanto punti di vantaggio, come messo in evidenza anche da grandi critici “storici” tipo David Byrne o Thom Yorke. Secondo The Guardian, le etichette indie, al contrario delle major, percepiscono il 50% degli incassi da pubblicità, a rate, ma senza alcun minimo per ascolto. Qualcuno ha calcolato che per guadagnare 1000 dollari servono qualcosa come 4 milioni di ascolti al mese, anche se il guadagno di un artista per i download a pagamento è di 70 centesimi di dollaro (ma quanti sono quelli che fanno download quando c’è lo streaming?)

E il catalogo? Sterminato: ora che sono arrivati anche i Beatles, si parla di svariati milioni di canzoni: l’ultima stima parla di 30 milioni, ma l’aumento è continuo. Certo, non ci trovi Taylor Swift (e disgraziatamente neanche i King Crimson o Neil Young), ma ti puoi consolare con parecchio, ma proprio parecchio, indie italiano: si va dai nomi storici come Afterhours, Subsonica, Marlene Kuntz, Verdena con tanto di live, extra e deluxe edition, fino a Iosonouncane, IO e la TIGRE, Calibro 35, Teatro degli Orrori, Fast Animals & Slow Kids, I Cani, Colapesce, Management del Dolore Post Operatorio.

Naturalmente ogni band o cantante sceglie individualmente se inserirsi nel mare veramente sconfinato rappresentato da Spotify oppure se optare per idee magari più di nicchia ma nelle quali è più semplice emergere.

Spotify.com

YouTube

YouTube-logo-full_colorDove invece è proprio inevitabile finire, in un modo o nell’altro, è YouTube: fondata nel 2005 da tre ex dipendenti di PayPal e venduta a Google per lo scherzo di 1 miliardo e 650 milioni di dollari nel 2006, come probabilmente saprai YouTube è il miglior compromesso riuscito tra un social network, una tv via web, una fonte continua di tutorial e un eccellente sistema di autopromozione, come i gatti hanno capito prima e meglio di tutti.

YouTube, che quando aprì offriva solo ed esclusivamente video 320×240 con audio in mp3, oggi offre musica in AAC (spesso accompagnata da video in HD) e, fatto salvo per il servizio YouTube Red (ri)lanciato nell’ottobre scorso, è gratis, anche se con pubblicità annessa. Chiunque può aprire un canale, ed eventualmente guadagnarci sopra caricando video di propria creazione, attraverso AdSense.

Anche YouTube ha avuto la propria parte di polemiche a causa di controversie con le etichette indipendenti. Pare che sia alle viste un accordo con il Merlin Network, che rappresenta qualcosa come 20.000 etichette indipendenti, ma non c’è niente di certo. Comunque, come ti sarai già reso conto, su YouTube c’è tutto: circa un miliardo di video, che crescono al ritmo di 300.000 al giorno.

Non è tutta musica, ovviamente, ma si può ragionevolmente dire che c’è quasi tutta la musica che ti può venire in mente, spesso organizzata in canali e playlist. Tipo quello di TraKs: non è infrequente trovare album interi, estratti di concerti, curiosità, chicche e molto altro.

Youtube.com

Vimeo

vimeoNumeri decisamente inferiori, ma ottima qualità quella di Vimeo: il servizio di video broadcasting nato nel 2004 ha 22 milioni di utenti registrati, prevede abbonamenti a pagamento soltanto per chi carica una certa quantità di video e all’estero è strumento d’elezione di molti musicisti di grande popolarità, come Kanye West, Moby o Röyksopp.

Da noi ha un mercato più limitato: se cerchi i Ministri, per esempio, trovi quasi tutto, compreso dei backstage. Se invece ti avventuri nella ricerca del già citato Iosonouncane trovi inserimenti un po’ più sporadici. Probabilmente la caccia è più fruttuosa per quelle band che hanno alle spalle un management più strutturato.

Vimeo

 

Apple Music

Apple MusicIl più “giovane”, visto che è nato nel giugno del 2015, ma non è che questo bebé avesse proprio le spalle scoperte, anzi: da anni se ne parlava, e l’anno scorso la società di Cupertino ha deciso di buttarsi nel mondo dello streaming, forte della decennale esperienza accumulata in campo musicale con iTunes. Apple Music ha superato gli 11 milioni di utenti, il che non è male, considerato che sono tutti abbonati a pagamento: 9,99 euro per una licenza individuale, oppure 14,99 per gli  abbonamenti “family” (ma si può provare gratis per tre mesi).

Apple Music si integra con iTunes Radio e propone, fra le altre, Beats 1, radio in onda 24 ore su 24 con dj di grido, anche “rubati” a network di livello. C’è poi Connect, una sorta di super-blog in cui i musicisti postano foto, video e materiale vario. E il catalogo? Niente male: 43 milioni di canzoni, tra cui quelle, per fare qualche esempio vicino ai nostri gusti, dei Brönsøn, degli Any Other, dei Torakiki.

Apple Music

Deezer

Sistema misto, tipo Spotify, è quello di Deezer: al sistema francese di nascita, nato nel 2009, aderiscono circa 16 milioni di utenti gratuiti e 5 milioni a pagamento. I quali attingono a un catalogo di oltre 40 milioni di brani, disponibili in 180 paesi su svariate piattaforme, come Android, iOS, Blackberry, Windows Phone e Kindle, oltre che via web. Integra Last.fm, propone playlist “Mood” legate all’umore e all’attività e ha una scelta molto vasta anche in campo indie: ci trovi Giovanni Succi, Filippo Andreani, Frankie Magellano, i Thomas o The Selfish Cales.

Deezer.com

Soundcloud

soundcloud-logo-oNato nel 2007 in Svezia, come Spotify, Soundcloud oggi “abita” a Berlino e attira 175 milioni di ascoltatori al mese. Sorvoliamo sulle numerose controversie con le majors riguardo a questioni di copyright, nonché sul fatto che l’azienda valga oltre 1 miliardo di dollari, ma mettiamo l’accento sull’accordo recente con Denon per diffondere la musica di Soundcloud attraverso il sistema di amplificazione HEOS.

Tra le caratteristiche che lo rendono molto appetibile agli artisti indipendenti, c’è il fatto che chi effettua un upload ha una proprio distinta URL; si integra con app e widgets che si possono piazzare sul proprio sito, permette commenti, like, creazione di playlist e molto altro. Si ascolta gratis e se segui TraKs sai già che sono tantissimi gli artisti indipendenti italiani che condividono i propri dischi e le proprie canzoni attraverso questa piattaforma.

Soundcloud.com

Bandcamp

bandcampStesso discorso si può fare per Bandcamp, nata anch’essa nel 2007 ma di stanza nella più assolata California. Bandcamp offre agli artisti la possibilità di effettuare l’upload e poi vendere, regalare oppure offrire in streaming la propria musica, tenendo l’85% del ricavato (che sale al 90% una volta superati i 5000 dollari di incasso). Ogni disco è ospitato in una sorta di minisito: dopo averlo ascoltato qualche volta in streaming, è probabile che Bandcamp ti chieda di offrire un pagamento all’artista, ma non è obbligatorio (certo, è un bel gesto). Come per Soundcloud, la scelta di artisti indie italiani che pubblicano su Bandcamp è vastissima.

Bandcamp.com

Whyd

whydBe’, Whyd non è proprio proprio un servizio di streaming, ma non ci va neanche tanto lontano: lo hai visto all’opera molte volte perché su TraKs lo usiamo spesso per le playlist di MixTraKs o del video del mese. Il servizio è semplice: lo scarichi, aggiunge un widget al tuo browser, e ogni volta che trovi una canzone che ti piace, ci clicchi sopra. Quando poi vai a vedere su Whyd.com, troverai che si è formata una playlist che puoi nominare, riordinare, e ovviamente riascoltare. Il vantaggio è che puoi mettere insieme canzoni prese da YouTube, Soundcloud, Bandcamp e altre piattaforme e ascoltarle in sequenza senza problemi.

Whyd.com

 

MySpace

myspaceQuesta è storia, ragazzo. Oddio, anche nel senso in cui lo dicono gli americani: nato nel 2003, MySpace ha vissuto anni di fulgore assoluto. Per dire, nel 2006 ha superato Google come sito più visitato negli Stati Uniti. Ci crederesti, solo dieci anni dopo? Oggi MySpace è passato da 1600 a 200 dipendenti, è stato venduto a Justin Timberlake e a Specific Media Group per 35 milioni di dollari nel 2011 (un’inezia, per questo genere di impresa) e non se la passa tanto bene.

Eppure i vari cambi di look accumulati negli anni hanno portato a buone features e un discreto aspetto. Certo, il catalogo dal punto di vista della musica indipendente italiana non è proprio vastissimo. Se cerchi Colapesce ok, ma è difficile inoltrarsi in zone più avventurose.

MySpace.com

Orfium

orfiumVeramente l’ultimo arrivato: per il momento se ne sa poco (tranne che tendono a riempire di pubblicità la mail di TraKs. Ma ehi, se piacciamo, piacciamo). Ma promette di risolvere i problemi sollevati da altre piattaforme, soprattutto dal punto di vista dell’artista. Le ricerche sulla piattaforma si possono fare per genere, sottogenere, “mood”, strumento e voce: maschile, femminile, rap, duetto e svariate altre. Se diventerà un player importante è ancora presto per dirlo. Ma tenerlo d’occhio può essere una buona idea.

Orfium.com

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