Nuovo disco per I Paradisi, band nata a Milano nel 2012: dieci tracce con qualche vena vintage raccolte nel disco Dove andrai. Le sonorità d’oltreoceano, con particolare rifermento alla psichedelia 60’s e al rock dei primi anni ’70, sono il terreno in cui il gruppo affonda le proprie radici, per dare vita alla propria visione.
I Paradisi traccia per traccia
Con un riff chiaramente “rubato” alle colonne sonore di 007, Brutto sogno è la traccia che apre il disco: un rock cantato in italiano e con un andamento accelerato. Come un vampiro rallenta un po’, facendo emergere cori e chitarra elettrica. Il finale si concede vistose divagazioni quasi psichedeliche.
Il senso del vintage emerge in pieno in Bugie, soprattutto nel cantato, che si spinge fino a decenni lontani. Il vestito della canzone è sempre composto di rock piuttosto robusto. Si scava ancora più in profondità con la malinconia di Voli via, che si costruisce su una struttura orchestrale da anni Cinquanta-Sessanta.
Ali di cera rincorre le sonorità rock’n’roll con un atteggiamento più da band, e con la chitarra elettrica ancora in grande evidenza, doppiata da un drumming regolare ma intenso. Dove andrai lavora su sonorità meno semplici, con un andamento melodico a salire e poi a scendere verso un finale epico, con in mezzo un sound cinematografico parzialmente morriconiano.
C’è maggiore allegria in Bocca sporca, anche se si tratta di quell’allegria un po’ rabbiosa che si conviene a una canzone da club fumoso. Siamo complici abbassa luci e toni, ma non i ritmi: la canzone privilegia il lato melodico, ma come sempre nell’album questo non significa proporre un sound arrendevole o troppo soffice.
Si viaggia in gallerie oscure per certi tratti di Lacrima, che di nuovo mette in primo piano la batteria, accompagnata stavolta da un pianoforte “ritmico” e da improvvisi scoppi di chitarra. Si chiude con Strange Days, cover dei Doors, che la band propone in modo piuttosto fedele, salvo qualche svolazzo e qualche ulteriore citazione sparsa qui e là.
Piacciono le nostalgie de I Paradisi, anche perché sono inserite in un contesto intelligente e ben realizzato. Non si tratta di un vintage fine a se stesso, ma della cura quasi filologica nel fornire alle canzoni un background che riporti immediatamente con la memoria ai suoni degli anni che furono. Un’operazione riuscita e molto interessante.
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