Quando abbiamo intervistato Cassandra Raffaele, dopo l’album precedente La valigia con le scarpe (qui l’intervista), ci siamo trovati di fronte a una cantautrice con l’ukulele, molte buone speranze e un legame sonoro piuttosto forte con la tradizione melodica italiana. Oggi, un paio d’anni dopo, Cassandra pubblica Chagall e cambia in modo piuttosto radicale le sonorità di riferimento, ospitando tra gli altri Elio e Brunori. L’abbiamo intervistata.

Non è passato poi così tanto tempo da quando TraKs ti ha intervistato per “La valigia con le scarpe”, eppure ascoltando “Chagall” sembra passata un’eternità, tale è la svolta che hai impresso al tuo suono: che cosa ti ha spinto verso questa scelta?

La mia voglia di “giocare” con la musica, la mia curiosità, la mia voglia di fare. Ho preso i suoni e ho fatto delle “cornici” nuove su cui fissare le canzoni che scrivevo. Ci ho impiegato un anno, tra una tappa e l’altra de La valigia con le scarpe, tra un palco e l’altro. E tutta l’energia che ho raccolto, l’ho trasferita nell’album. Non pensavo a una svolta sonora, ma semplicemente a godere di quello che stavo facendo.

Quali sono gli spunti di base del disco e perché hai scelto di intitolarlo a Chagall?

Ci sono spunti sonori che si rifanno alla musica elettronica e indie pop della scena svedese odierna, che apprezzo molto, a quella d’oltreoceano, ma non mancano citazioni punk anni ‘80. Il linguaggio è sempre lo stesso, il mio. A tratti surreale dicono, ma il mio fine resta sempre la leggerezza. E la musica me ne da tanta, mi sento fluttuare tra le nuvole quando suono, come in un quadro di Chagall. A lui ho voluto omaggiare le mie canzoni.

Molte e importanti le collaborazioni del disco: puoi raccontare due battute sui tuoi illustri collaboratori del disco?

Collaborare con questi artisti è stata una bellissima esperienza di condivisione d’arte. Sono persone e artisti veri, genuini. Li ho conosciuti in contesti differenti. Apprezzo Dario Brunori ed Elio anche per quella buona dose d’ironia che ci accomuna, quanto basta per non annoiarsi nella vita. Nico and the Red Shooes è stata una scoperta sul web. Accattivante, carismatica. Mi ha colpito molto. Tramite il mio manager l’ho contatta e le ho proposto un brano dell’album. Siamo diventate amiche d’arte adesso.

Cassandra Raffaele: rivoluzione personale

Come nasce “Cane che abbaia morde”?

Ho scritto il cane in una fase di personale rivoluzione. Avevo bisogno di sconvolgere certi equilibri e certe credenze. Ormai non ci sono più certezze, neanche nella saggezza. Il mio cane abbaia e morde. La musica si è adattata didascalicamente a questo mio fermento interiore. È sicuramente uno dei brani che rappresenta meglio il lavoro di creatività e di produzione che c’è sotto a tutto l’album.

Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

Ho utilizzato principalmente 4 famiglie di suoni: chitarre elettriche, synth e synth bass, basso vero, batteria e drum machine. Ho cercato nello specifico di trovare un equilibrio tra questi suoni, cioè, tra quelli veri (chitarre elettriche, piani elettrici) e quelli digitali, i synth per intenderci di nuova generazione che troviamo nella dubstep. Il fine del tutto: sintetizzare qualcosa di riconducibile al mio Chagall.

Chi è l’artista indipendente italiano che stimi di più in questo momento e perché?

Elio e le storie tese. Un esempio di bravura e professionalità. Una carriera orgogliosamente indipendente che continua dopo 30 anni. Stima infinita.

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