gli occhi degli altri 3

Si chiama Di fronte al lago il disco di debutto de Gli Occhi degli Altri, quartetto proveniente da Lecco e intriso di sonorità indie e post grunge. Abbiamo rivolto qualche domanda alla band, parlando di musica ma anche di alveari e sensazioni derivanti dall’ambiente in cui si vive.

Un singolo e poi subito l’album: avete deciso di saltare la trafila ormai classica ep-ep-lp… Strategia, urgenza comunicativa, tante canzoni esplose tutte insieme?

Direi che la più probabile sia un mix delle ultime due che avete scritto. Ci siamo ritrovati in una stanza con un alveare nascosto tra le pareti a fine estate 2014 e da lì è nato tutto. Mentre piovevano api nel posacenere o sulle pelli della batteria ci siamo scoperti a vicenda e abbiamo buttato fuori tutto quello che ci veniva in mente.

Il disco non è stato premeditato, ma avevamo questi brani che dovevano obbligatoriamente stare assieme, perché sono nati assieme e raccontano di un nostro determinato periodo. Sicuramente non è definibile come una vera e propria strategia: non siamo gente che architetta grandi piani, creiamo la vita della band giorno per giorno e per ora il più grande obbiettivo organizzativo è quello di metterci d’accordo su chi deve prendere il vino in occasione di qualche cena collettiva!

Avete intitolato il disco “Di fronte al lago” e in molti brani sembra che l’ambiente che vi circonda sia in parte entrato nei pezzi che avete scritto. Qual è il vostro iter compositivo e fino a che punto vi influenza l’ambiente in cui vivete?

Usando “V.I.P.” (Very Important Parole), potremmo dire di essere figli di una tradizione di band che per attitudine hanno sempre considerato il lago come punto di riferimento, e questa è in parte anche una nostra tendenza visto che viviamo sulle sue rive ed è uno spazio che porta con sé una vena ispiratoria immensa: il lago è tanto bello e affascinate quanto crudele e assassino durante la tempesta. I pezzi non seguono un iter ben definito nel loro sviluppo, “nascono, crescono e corrono” e devono correre tanto forte…

Scherzi a parte, solitamente partiamo per lo più da riff che ci piacciono melodicamente, i quali poi subiscono la cannibalizazzione della sezione ritmica. Basso e batteria si scornano con le chitarre fino a giungere a una conclusione che soddisfi pienamente tutti e quattro. Infine viene inserita la voce di Morghi. Quest’ultimo discorso vale per tutti i brani del disco ad eccezione di “Nebbia”, nel quale il testo è stato sviluppato a partire da riflessioni richieste a molti dei nostri amici; volevamo renderli partecipi della produzione stessa e il risultato è stato ottimo!

Qualche recensione ha parlato di voi come influenzati dal grunge. Personalmente ho trovato dentro la vostra scrittura anche l’ascolto di alcuni gruppi indipendenti italiani di chiara fama. Quali sono i vostri punti di riferimento musicale?

Kurt Cobain è un artista Immenso, ha dato il battesimo del fuoco alla maggior parte di noi quando si imbracciava il primo strumento e si comprava il primo lettore CD. Detto questo, sì, è vero che ascoltiamo molta musica italiana…FBYC (i Verme sono una vera sberla), Gazebo Penguins, FASK, Verdena…sono solo alcuni per quanto riguarda la parte rock (senza dimenticare Battisti!), però sinceramente ascoltiamo anche molta roba estera: Deasaparecidos, Funeral Suits, Sunny Day in Glasgow, Crash of Rynhos… Potremmo andare avanti giorni…

Gli Occhi degli Altri: bagai, facciamo un disco

gli occhi degli altri 2Come nasce “La Vertigine” e perché l’avete scelta come singolo?

“La Vertigine” nasce proprio in quella sala con l’alveare di cui parlavamo prima. Non è propriamente il singolo di “Di Fronte Al Lago” (quando l’abbiamo registrata stavamo ancora scrivendo i brani del disco), che è stato invece anticipato da un’altra canzone,”Naif”, di cui abbiamo pubblicato anche un video.

“La Vertigine” è la nostra prima canzone scritta, nella quale abbiamo seguito l’istinto del momento ed è stata la prima tappa di questo cammino. Fatto questo passo ci siamo detti: “bagai (che dalle nostre parti vuol dire ragazzi), ora chiamiamo il Maglia e facciamo un disco”. Nonostante il video e la canzone fossero già sul web da oltre un anno, “La Vertigine” doveva essere presente nel disco perché principalmente racconta una parte di noi, è stato l’incipit di tutti gli altri brani!

Potete raccontare (in modo comprensibile anche ai non esageratamente tecnici) la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Andate tranquilli che anche noi non sapremmo spiegarlo in modo tecnico! Abbiamo utilizzato tutta la nostra backline più, in prestito, parte di quella dei Manetti! (band di cui Andrea, il produttore, è frontman). Di interessante possiamo dirvi che gran parte delle distorsioni sono state ottenute con dei pedali artigianali di un mastro inglese (dei pedali pazzeschi!!!) e che la batteria è stata registrata in due take differenti per brano, una solo fusti e una con solo i piatti (tipo Queens of the stone age). Questi due fattori hanno giocato molto a nostro favore durante la ricerca di un suono adeguato a ciò che volevamo trasmettere.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

I Tre Allegri Ragazzi Morti per melodie, poetica e immaginario che si sono creati, oltre al loro continuo rinnovarsi, i Fast Animals And Slow Kids per il forzutissimo “roghenroll” e questa splendida idea di “uniti e forti”, mentre i Verdena per le immagini, il “flusso di coscienza” e l’intenzione/bravura che dimostrano dietro gli strumenti. Sono solo pochi esempi, ma anche in questo caso, per essere completi, dovremmo parlare troppo… meglio suonare!

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