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Hanno iniziato a chiamarlo Italogaze, anche all’estero, per definire la nuova onda di shoegaze che alcune significative band italiane stanno sospingendo, tra dischi, festival, tributi e collaborazioni (vedi a questo proposito l’ottimo articolo di Manfredi Lamartina su Rockit). Tra le band che surfano su questa onda in modo significativo ci sono i Rev Rev Rev, che hanno pubblicato il nuovo album Des fleurs magiques bourdonnaient (qui la recensione) e che sono stati tra i protagonisti dell’ultimo Cosmosis Festival a Manchester. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.

Dopo il successo e gli elogi per il vostro esordio, come avete affrontato il lavoro sul vostro nuovo disco? Potete spiegare la scelta del titolo?

Dopo il primo disco, per un anno e mezzo abbiamo suonato veramente tanto; durante il tour i pezzi del primo disco sono cambiati e cresciuti, si può dire che abbiamo definito un approccio più nostro al suono, abbiamo trovato una nostra identità precisa. Questo ha reso tutto più facile quando finalmente siamo riusciti a prenderci una pausa per lavorare sui nuovi pezzi, così nel giro di pochi mesi eravamo già pronti e siamo andati in studio.

Il titolo… be’ da un lato è un disco composto di pezzi brevi e autocontenuti, come le Illuminazioni di Rimbaud da cui è tratta la citazione del titolo. Ogni pezzo è storia a sé, si può ascoltare indipendentemente dal tutto. Un anti-concept insomma. L’affinità è anche sui temi e le atmosfere, a partire dalla stessa frase “fiori magici ronzavano”, con questa sinestesia che ci sembra adatta a descrivere il nostro suono, come più in generale l’immaginario delle opere di Rimbaud e Baudelaire.

Avete effettuato dei cambiamenti nel vostro modo di lavorare tra il primo e il secondo disco oppure le cose sono rimaste più o meno le stesse?

Sì, c’è una differenza di fondo nell’approccio: il primo disco parte da un modo di fare le cose, il secondo parte dalle sensazioni e stati d’animo che vogliamo creare e risale a ritroso ai possibili mezzi sonici per raggiungerli. E così, alla ricerca di suggestioni ipnotiche ho provato a introdurre nei brani da un lato il c.d. brainwave entrainment, ovvero particolari frequenze che vengono studiate in psicologia per le loro proprietà di indurre stati meditativi, dall’altro il tanpura, strumento indiano che produce onde sonore con le stesse proprietà in modo acustico.

Del tanpura, che Tatiana Scalercio ha suonato in diversi brani del disco, ho anche “copiato” l’accordatura per la chitarra di Nightwine. Un’altra differenza rispetto al primo disco è stata un maggiore attenzione alla melodia, e infine la sintesi: siamo figli del post-punk e non vogliamo dimenticarlo.

Avete di recente suonato al Cosmosis Festival di Manchester: potete raccontare questa notevole esperienza?

Quando entri per scaricare la tua roba e trovi i Jesus and Mary Chain che fanno il soundcheck, c’è da chiedersi se non hai sbagliato posto… Che dire, è stata un’esperienza bellissima, abbiamo visto molte delle nostre band preferite e suonato davanti a un pubblico bellissimo e che apprezza questo tipo di sonorità.

Rev Rev Rev: quel killer hook

rev rev rev

Come nasce “Caffè” e perché il titolo in italiano?

Caffè è un esempio del tipo di intesa profonda che c’è tra noi quattro: nasce da un’idea mia come struttura e melodia, ma c’è questo fill di batteria nel ritornello, che è il pezzo forte della canzone e la caratterizza decisamente, che avevo in testa ma non sapevo come spiegare. In saletta ho chiesto a Greta qualcosa di incomprensibile…qualunque batterista normale avrebbe aggrottato le sopracciglia, e invece lei ha capito al volo e ha tirato fuori dal cilindro questo killer hook!

Il testo di Caffè è liberamente ispirato a un racconto di Hemingway, a differenza del resto del disco è piuttosto leggero e ironico, e il titolo non poteva che essere in italiano visto che si parla di caffè… Il nostro pubblico è al 90% estero, quindi tra il serio e il faceto ci tenevamo a rimarcare la superiorità del caffè italiano…

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Certo, diciamo che oltre alle “solite cose” in questo disco abbiamo aggiunto un paio di ingredienti nuovi, il tanpura e i pedalini autocostruiti. Il primo è uno strumento a corde indiano, le cui corde per la particolare accordatura producono vibrazioni mesmeriche. Quanto ai pedalini DIY, quelli che ho usato di più per questo disco sono il MushTrem, un tremolo che ho costruito dentro un vecchio pedale del volume per variare la velocità dell’onda al volo mentre suono, il Fear and Loathing, un feedbacker che interagisce in modo non lineare con gli altri pedali della catena, e il Superfuzzola, un fuzz bello selvaggio e scavato nelle medie.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

A costo di sembrare la solita “scena che celebra se stessa”, la verità è che abbiamo una grande stima per tutta la scena del cosiddetto Italogaze: Stella Diana, Clustersun, In her eye, La Casa al mare, Kimono Lights, Allie’s Dope, Baffodoro, My invisible friend, Electric Floor e chi più ne ha più ne metta.

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