Synth, testi da cantautore e buona sensibilità pop: c’è tutto questo e molto altro in Era, l’esordio della band romana Bosco che abbiamo recensito qui (peraltro facendo casino su chi cantava cosa, ma insomma non è che si può proprio essere sempre perfetti). Abbiamo rivolto qualche domanda alla band: risponde Daniele (o almeno: speriamo che sia Daniele).
Puoi riassumere la storia della band fin qui e spiegare il nome della band?
Bosco è l’evoluzione naturale di quello che sento, è il cambiamento che si mostra come le foglie d’autunno, è come l’aria fresca di Roma sul viso il giorno che ci accorgiamo che sta tornando l’inverno e forse vedremo la neve quest’anno, è la fotografia di un’estate difficile da dimenticare. Le emozioni al centro del Bosco.
Quali sono state le sensazioni prima e dopo aver realizzato “Era”? Qual è la ragione del titolo?
“Era” è una memoria, o un tempo, è comunque quello che è passato e ogni tanto torna ricordandoti com’eri o come saresti stato. La fine di un amore, la precarietà, l’onnipresente insicurezza per quello che sento, reinventarsi e scoprirsi grandi, improvvisamente i 30 anni sono passati e avevo bisogno di dirlo. Ascoltare le sensazioni che in questi tre anni hanno portato a “Era” è la catarsi, la voglia e la rivoluzione di cui avevo bisogno per scrivere ancora.
Come nasce la traccia d’apertura “Il disertore (me ne andrò a Berlino)”?
Il disertore interpreta la voglia di andar via, la delusione verso questo “Paese in riva al mare” che restituisce inadeguatezza. Berlino l’ho scoperta questa estate, ero pronto a disertare, il processo di rigenerazione passa anche dalla voglia di ricominciare daccapo, poi ho deciso di restare e continuare a credere in questa città, Roma (amoR) che come una storia d’amore lunga una vita mi fa ancora sperare che tutto sia possibile.
Bosco: tanto legno stagionato
Puoi raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
E’ molto facile spiegarlo: dopotutto in mano teniamo degli strumenti che sono stati costruiti utilizzando le spoglie di un bosco. Quindi tanto legno stagionato per strumenti come la batteria o i bassi vintage, oppure mi viene in mente un vecchio amplificatore rotary con la cassa in legno collegato a un wurlitzer (avete presente il suono di “A whiter shade of pale”? Ecco, quello è il suono di un wurlitzer).
C’è del bosco anche nella parte elettronica di questo album, cosa che tutti invece concepiscono come qualcosa di tecnologico e metallico e freddo: per “Esedra” abbiamo utilizzato l’Onde Martenot (tastiera analogica con struttura in legno inventata nel 1928) riscoperto recentemente da band come i Radiohead. Senza dimenticare il più classico Hammond, l’organo elettrico a due tastiere molto utilizzato nel rock anni ’70. Abbiamo cercato di mantenere il nostro suono il più analogico possibile, rendendolo caldo come il legno di cui sono fatti i nostri strumenti.
La classica domanda di chiusura: si sa che il grande successo musicale si raggiunge costruendo delle rivalità fasulle (Beatles/Stones, Blur/Oasis, Albano/Romina eccetera). Potreste scegliere uno o più rivali e criticarli, anche per finta, ma aspramente, provocando poi risposte che faranno vendere a tutti molti più dischi?
Ci piace di più parlare bene di gruppi affini a noi con cui condividiamo la fatica a voler ancora fare musica di qualità in questa Roma e in questa Italia. Bruno Luno, Testaintasca e tanti altri. Anche perché tra l’altro visti i cd che si vendono attualmente neanche un omicidio potrebbe farle impennare ;)
Mmmm… Non ci giurerei… Anzi, forse è un’idea niente male…