è il debutto in italiano di Kiwi666, all’anagrafe Roberto Andrés Lantadilla, cantautore italo-cileno che si muove tra lo-fi, indie e pop psichedelico. L’album, che esce per Trovarobato e, in digitale, in co-etichetta con la neonata Scissor Salad, è un lavoro portato avanti grazie al sodalizio con il cantautore cult Alessandro Fiori, con il quale nasce un percorso di co-produzione e lavoro sui brani che lo compongono.

Dopo i primi esperimenti DIY con la cassetta Wrong Nature (Selvatico Dischi), che attinge al mondo psych rock/lo-fi anglosassone, e il primo singolo in italiano Hawaii (Collettivo HMCF/Peermusic), Kiwi666  inizia i lavori al suo primo disco interamente in italiano, anticipato da una malinconica spedizione ai tropici raccontata nel primo singolo e video Tristi Tropici.

I nove  brani di Y sono stati registrati in varie location, da La Tenda (Modena) fino ad arrivare alla Ibexhouse, casa-studio di Alessandro Fiori e attraversano sonorità che vanno dalle innegabili influenze del folk rock americano (Neil Young in primis), fino al synth pop stralunato a là Talking Heads, legate dal filo rosso della psichedelia e da un gusto outsider, tra il malinconico e il decadente. 

L’avventurarsi nella lingua italiana ha portato Kiwi a un lavoro filologico che scopre una serie di “padri fondatori” del cantautorato più weird e sui generis della tradizione italiana, quasi sempre con il comune denominatore degli anni ’70: dal Lucio Dalla di Com’è profondo il mare, al Paolo Conte a cavallo fra le due decadi, passando per Piero Ciampi e Claudio Lolli. Chiude il cerchio, impreziosendo il tutto, la collaborazione con Alessandro Fiori che da quasi due decenni, con le sue varie formazioni, porta avanti quella vena di cantautorato dalle tinte psichedeliche, con echi di Syd Barrett qua e là. 

“Y”, come grafo, segna una biforcazione, un crocevia, “Y” si legge “why” in inglese, “Y” è un omaggio a una grande opera prima monolettera, “V” di Thomas Pynchon. “Y” è un ideale anello di congiunzione tra la musica e la mia passione per la letteratura e per le storie. Dalla ballad lisergica che apre l’album, passando per la storia di “Bartleby Lo Scrivano”, arrivando alle riflessioni su felicità e rinuncia dal punto di vista di un immaginario clochard, fino ai riferimenti espliciti a Paolo Conte nel brano “Sabbia” per chiudere con un racconto familiare, in cui traumi si celano nei piccoli dettagli della vita quotidiana. ”Y” sono 9 brani tenuti insieme da una serie di personaggi intrappolati, o sul vertice di una rivelazione, mentre aspirano follemente verso un senso di libertà che gli è stata sottratta o non hanno mai avuto

Kiwi666 traccia per traccia

Con una partenza particolarmente dreamy, Mantra apre il disco ondeggiando e parlando di tempeste già vissute. Le prime code psych si concretizzano in un finale elettrico.

Si raggiungono poi i Tristi Tropici, che in realtà così tristi non sembrano: anzi c’è un certo clima di festa scomposta e chiassosa, tra “paradisi perduti e sconfitte trovate”.

La chitarra acustica introduce al racconto di Bartleby, che da scrivano melvilliano si trasforma in scrittore stanco e confuso nell’ “esercito della gentrificazione”, in un pezzo fluido che corre parecchio. La necessità di dire di no si manifesta anche più accentuata.

Si canta invece di Randy nel brano successivo, che si traveste da ballad ancora piuttosto psichedelica, con evoluzioni esplorative e abbastanza cosmiche. Questioni di rinuncia per una quasi post grunge Perdere, che può contare su battiti molto scomposti e su un finale sognante.

C’è un nemico “autoimmune” al centro di Terra bruciata, morbida ma in crescita, con una chitarra elettrica che si incarica di spaccare in due il brano e di renderlo più teso e intenso.

Se il comunicato stampa parla di Syd Barrett tra le influenze, qualche motivo ci sarà: per esempio Falene, frizzarella e un po’ Sixties, con qualche barrettata qui e là. Non è BikeThe Gnome, però si avvia su quelle strade lì, tra coretti e suonetti.

Viaggia in elettrico fin dalle prime battute Sabbia, che si sdraia sul fondo di una clessidra e aspetta l’inevitabile. La chitarra e la voce prendono possesso di un brano suscettibile di decolli improvvisi. A chiudere, ecco Diavoli in America, soffice e suggestiva, che si allunga verso ulteriori mete psichedeliche, con i fiati che completano il quadro.

Suoni molto interessanti e atteggiamento esplorativo per Kiwi666, che armonizza bene le sue influenze e le sue ricerche in un disco pieno di inventiva, movimentato e ricco. Una scoperta decisamente interessante, che sicuramente lascerà ulteriori tracce di sé in futuro.

Genere musicale: psych pop, dream pop

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Pagina Instagram Kiwi666

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