Di mestiere farebbe il marinaio, come si nota anche da qualche termine e da qualche metafora nei testi. Ma quando imbraccia la chitarra Fiorino si trasforma in cantautore. E non in un cantautore qualsiasi: lo dimostra il disco d’esordio Il masochismo provoca dipendenza, uscito da qualche giorno per Frivola Records.
Con una certa pacatezza puntuta, con molte dosi di ironia e con pochissimo rispetto della distinzione tra i generi, Fiorino dispone dieci storie ad asciugare al sole. Con risultati rimarchevoli.
La partenza è affidata allo Stornello dell’interfaccia, che ci fa capire in che fetta di mondo siamo capitati: un quartiere in cui l’ironia assomiglia alla satira, perché nasce dall’osservazione del reale.
Qualche memoria di Lucio Dalla nel passo, nel fischiettare e anche nell’atteggiamento complessivo di La buona occasione. Piuttosto ragionata Amanda, con un sapore da folk rock vintage nelle sonorità.
Le trame de L’esca per le acciughe si fanno più elaborate, con una spruzzata di jazz e tracce di bossanova che si mescolano in modo fluido ed elastico. “Fare l’esca per le acciughe/mentre il cuore fa le rughe” si candida a ritornello dell’anno, nella propria categoria di peso.
Verme solitario antropomorfo lavora sui bassi e si fa tentare dal dub, parla di fughe in Oriente e di (fallite) ricerche di sé. Più ritmo e parecchia verve in Senso di colpa, che parla di religione e accompagna il testo con un climax che sembra omaggiare gli Who di Tommy (o forse no, è uguale).
Mauro è un ritratto di amico con fidanzata, con tutti i vizi e le virtù e soprattutto con i vizi e le virtù di chi osserva le dinamiche della coppia da fuori.
Caratteri dominanti guarda, per i suoni, agli anni Sessanta e Settanta grazie all’hammond che fa subito vintage, mentre il cantato qui e là può richiamare Gaber.
Più lento l’incedere di Borghesia napoletana, che ha obiettivi polemici non immediatamente riconoscibili (almeno non a noi) ma che passeggia fra chitarre classiche e polisemie.
Stoner di Portorotondo invece carica i suoni in maniera più robusta, anche se l’arpeggio di chitarra resta ben disegnato e non perso fra i flutti.
“Sorpresa” e “cantautore” non dovrebbero più essere parole compatibili, tali e tanti sono i praticanti di questa religione transitati sotto il cielo italiano.
Ma Fiorino si avvicina pericolosamente all’essere sorprendente: ogni canzone è un box a molla da cui salta fuori un pupazzo diverso, colorato e con smorfie strane. E con una buona dose di parole sensate da regalare.
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