Surfin’ Gaza è la storia di un esperimento finito male. Non dal punto di vista musicale (anzi), ma dal punto di vista storico: lo spunto, per gli Omosumo, è venuto dall’esperimento condotto qualche tempo fa di fondare un surf club a Gaza.
Lo scopo era di far convivere israeliani e palestinesi sotto l’egida di uno sport solare e pacifico per definizione. Poi è tornata la guerra e si è portata via tutto, ma non è detto che in futuro non ci siano altri tentativi.
In ogni caso, gli Omosumo si sono lasciati impressionare da quell’idea, e hanno battezzato così il loro disco d’esordio, che esce oggi dopo due ep pubblicati nel corso del 2013.
Il trio formato da Angelo Sicurella, Roberto Cammarata (Waines) e Antonio Di Martino (Dimartino) realizza così un lavoro che su una base elettronica orchestra un disco capace di rivolgersi ora dalla parte di un versante rock, ora su un pop sofisticato e ricco, ora verso discorsi più dance.
Si apre, per esempio, sui suoni un po’ fuorvianti dei synth di Yuk, che può sembrare un pezzo elettronico tradizionale, e che invece introduce sonorità differenti strato dopo strato e che inizia a vedere la situazione di Gaza da un punto di vista palestinese.
Più tranquilla, benché non completamente esente da inquietudini, la situazione all’interno di Walking on Stars, morbida quanto Waves, il brano seguente, è algido ed essenziale.
Nowhere segue percorsi fluidi ma non necessariamente rettilinei, con un avvilupparsi elettronico più che elettrico intorno al tema portante.
La title track Surfin’ Gaza arriva a metà disco e sottolinea con percussioni “pesanti” un ritmo più marcato rispetto al resto del disco fin qui.
Ritmo serrato anche nella seguente Dovunque altrove, che può riportare alla mente certa new wave italiana anni Ottanta, ma che inserisce un sax impazzito a fornire variabili incontrollate.
Più leggera l’atmosfera di Nancy, con percussioni e sonorità anni Settanta. E dopo lo strumentale acido e oscuro Ahimana, si chiude di nuovo su tematiche marine con Atlantico, che torna a parlare di surf e che per farlo usa percussioni molto nette e un sax che sembra un synth che sembra una chitarra elettrica. L’effetto è molto più importante delle cause.
Non è un album politico oppure lo è in modo totale: Surfin’ Gaza non pretende di dare risposte ma punti di vista, tra l’altro utilizzando sonorità che sono decisamente lontane dalla tradizionale “canzone impegnata”.
L’intento degli Omosumo sembra soprattutto quello di raccontare storie, utilizzando gli strumenti che hanno a disposizione. L’utilizzo, va detto, è molto efficace e il risultato complessivo è un esordio di altissimo livello e di grande interesse.