Linea, “Fuori mercato”: La recensione

Da oggi venerdì 16 ottobre è disponibile in digital download, sulle piattaforme streaming, in cd e in vinile Fuori mercato (Ammonia Records), il nuovo disco dei Linea, la storica combat rock band nata a Milano. Il lavoro ripercorre i trent’anni di attività della formazione attraverso tredici brani di repertorio, alcuni dei quali mai pubblicati prima, completamente rivisitati e attualizzati, e un inedito.

Un viaggio temporale che inizia ideologicamente nel 1989, anno di fondazione del gruppo / collettivo, per arrivare ai giorni nostri. Fuori mercato rappresenta una svolta per i Linea: il sound, profondamente evoluto, permette ai Linea di percorrere nuovi e più ampi territori, collocando il lavoro oltre la nicchia combat rock e punk, con respiri new wave, anni ’80 e indie rock, vicini ai gusti dell’attuale pubblico.

Linea traccia per traccia

Partenza ragionata per il disco, con Nuovo rosso che prende possesso degli amplificatori un po’ per volta, su armonie vocali e strumentali che sanno di rock ma anche di una certa calma consapevole.

Si incomincia ad accelerare un po’ con Terra Libera, ricca di risonanze e di voglia di scoperte. Buone linee di basso e intenzioni sonore piuttosto marcate, in un pezzo ricco di personalità.

Un po’ di ironia, sconfinante nel sarcasmo, e molta elettricità nella lunga title track, Fuori Mercato. Il brano è un manifesto per la band, che si scaglia contro “questo etichettare, poi catalogare, e discriminare, per buttarti fuori”.

Si procede poi con Push, una spinta cantata in italiano (come il resto dell’album del resto), un po’ meno “combat” ma sicuramente rock e appassionata.

Piuttosto notturna e sicuramente un po’ più cruda nelle intenzioni, ecco poi Campesinos, che parla di realtà difficili e di vite che vanno avanti a colpi d’ascia.

Titolo inglese ma di nuovo testo in italiano per The correct use of religion, che per l’appunto parla di fede, su movimenti che sanno di blues e disillusione.

Sudamerica e fumetti gli ingredienti base di Corto Maltese, che sa di tropico e avventure. Si parla di mare e di viaggi anche all’interno di Ritorno, con assolo di chitarra elettrica e ritmo molto cadenzato.

Chitarra anche nelle prime note di Palomar, titolo calviniano per un brano con un cantato molto serrato e quasi rap, accanto a suoni acidi.

L’Ultimo dei Re racconta a mo’ di ballata la strage di Capaci. Si torna ad atmosfere un po’ più leggere con Frontiere, che fiancheggia l’hip hop ma anche sonorità quasi desert rock.

Handclap, cori e chitarra acustica per una Pensavo con te particolarmente adatta ai live, ma che fa la sua ottima figura anche su disco.

Attenzione ai fatti della storia recente anche in Tienanmen, piuttosto energica e combattiva. C’è il basso a lavorare in profondità nella conclusiva Rumore, molto elettrica senza alzare mai troppo i toni.

Un “riassunto” piuttosto efficace, quello che i Linea hanno condensato in questo Fuori mercato, sicuramente abbastanza “combat” ma anche piuttosto narrativo. Come se, oltre che raccontare se stessa, la band avese deciso di mettere una accanto all’altra più le storie che le canzoni, a sottolineare una profondità che non tutte le band storiche possono vantare.

Genere: rock

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