Sei brani, un disco e un esordio: si chiamano Minimal Whale e sotto questo ossimoro hanno collocato anche l’ep di debutto, uscito da poco (qui la recensione). Il loro mix di sonorità nasce da esperienze differenti, come ci spiegano in questa intervista.
Provenite da esperienze diverse ma questo è un debutto a pieno titolo per voi come trio: che cosa vi ha spinto a fondare i Minimal Whale?
Matteo: Esperienze musicali e di vita molto diverse vero, si sente ascoltandoci. Io e David abbiamo praticamente suonato sempre insieme in varie formazioni, ultimamente con gli UPON (Unsolved Probelms of Noise) facevamo cose anche piuttosto estreme.
Conoscevo già Nicola come batterista di esperienza e adoravo il suo modo di suonare con i Calomito. E’ stato magico accorgersi che in un momento preciso delle nostre vite non molto tempo fa cercavamo contemporaneamente una strada diversa da quelle già percorse.
La curiosità morbosa che ti assale nel vedere come finisce un bel gioco fatto di note spesso impreviste e questa esperienza di vita unica che è il suonare insieme hanno fatto nascere e alimentano i Minimal Whale. Diversità creativa, contrasti che generano interesse e novità… Minimal Whale è pur sempre un’ossimoro…
David : Mi sono unito al progetto successivamente, Matteo e Nicola stavano già provando assieme l’idea era quella di partire dalla “forma rock” senza negarci alcune esplorazioni in ambiti musicali che ci affascinano.
Come nasce questo ep e come è stata l’atmosfera della lavorazione delle sei tracce che lo compongono? E’ materiale composto ad hoc oppure ci sono anche le classiche tracce composte in passato ma mai venute alla luce per i più svariati motivi?
Matteo: Minimal Whale è la prima cosa che facciamo insieme, per questo abbiamo scelto di chiamare l’ep come il gruppo, partire dalle basi insomma. Per questo è il risultato di un processo un po’ complesso che parte con la formazione del gruppo e il conoscersi come musicisti e come uomini.
All’inizio abbiamo passato molte ore io e Nicola in casa, spesso con due chitarre e basta per jammare, cercare di capire il suono che ci poteva accomunare, ascoltare musica, parlare, cercare strutture, accordi e testi. Cosa che capita tuttora.
Poi si è unito David, siamo andati in sala per sentire i pezzi in un contesto più rock e abbiamo aggiunto parti nuove, il sax e tutti i colori. Per un periodo abbiamo anche cercato un/a cantante non pensando esclusivamente al trio mentre Nicola continuava a cantare i pezzi anche suonando la batteria durante le prove a tre… e questo mood un po’ da power trio a quanto pare continua a piacerci molto…
Le tracce che compongono l’ep sono sei e sono state scelte tra tutto il materiale che abbiamo perché fossero tra loro molto simili ma con mood un po’ diversi da traccia a traccia. Potevamo completarne anche altre da inserire ma abbiamo preferito iniziare quest’avventura il prima possibile anche per la forte curiosità di sentirci su disco.
Il materiale registrato su vari supporti è li pronto per essere sviluppato. A ogni concerto cerchiamo di proporre qualcosa nuovo così da essere pronti al momento giusto per un lp… speriamo presto.
David : Tutte le tracce hanno subito una (lunga) lavorazione , cesellatura , ri-creazione, ognuna ha avuto in momenti diversi diverse forme, ai primordi del progetto l’arrangiamento dei proto-pezzi era solo chitarra batteria e sax, per poi aumentare le parti di basso. La forma di ogni traccia è rimasta “congelata” nel disco, per poi essere rielaborata nuovamente per l’esecuzione dal vivo
Mi sembra che nella ricerca di ospiti e collaborazioni siate andati a
cercare anche sonorità lontane dalle vostre: per esempio come avete scelto Agostino Macor e le sue tastiere?
Matteo: Era già dalla preparazione dell’ep che sperimentavamo parti di tastiera. Poi per ribadire il concetto di diversità creativa quando abbiamo registrato l’ep abbiamo chiesto ad Agostino Macor, amico e tastierista di talento, di suonare su alcune parti.
Lui è stato disponibilissimo e ha interpretato subito certe atmosfere. Alcune sue parti create in studio sono quelle che suona anche David dal vivo.
Personalmente sono un po’ sorpreso dal numero di band underground che ultimamente bazzicano intorno al math rock e generi consimili, vista la sua completa assenza dalla scena mainstream almeno in Italia: a cosa pensate sia dovuto il successo di questo genere in un Paese non proprio facilissimo a queste sonorità come l’Italia?
Matteo: Premetto che nella nostra musica non sento tanto math-rock… forse è perchè quando si usa questo termine penso subito agli intrecci dei Don Caballero, però mi rendo conto che un primo ascolto potrebbe dare quelle sensazioni.
Detto ciò penso che in Italia sia sempre esistita una certa vena “virtuosistica”, partendo dalla Lirica che è una nostra invenzione, passando per Paganini fino al prog-rock italiano che negli anni ’70 era parte integrante della vita di tutti i giovani e credo abbia lasciato parecchio il segno nella nostra società.
Gli anni 80 hanno forse accantonato un po’ quell’attitudine ma non è mai morta. Forse è per questo che piace ancora tanto la musica “complessa”. Parliamo però sempre di intenditori perché per il resto è effettivamente assente dai canali mainstream mentre per esempio Mirrored dei Battles nel 2007 è stato un successone planetario.
I motivi credo siano vari: nessun discografico ci crede fino in fondo e ha voglia di rischiare (le mode nascono anche da scelte a tavolino…) e solo pochi gruppi si adeguano creando rare volte situazioni veramente interessanti come Marta sui Tubi (che per alcuni versi forse sono un po’ il nostro math Italiano) e sono comunque eccezioni, poi non esiste più musica suonata dal vivo in televisione e il math-rock è molto SUONATO e poi la cultura musicale italiana dagli anni 80 a oggi non ha fatto altro che subire colpi fortissimi, ma questo è un discorso lungo e tedioso.
Nel mondo, Italia compresa, oggi si produce una quantità di musica come mai prima d’ora, l’Italia che possiede i canali che fanno i numeri veri speriamo si accorga dell’incredibile potenziale a disposizione.
David : In realtà pur amando molto le band che evoca l’etichetta “math rock” talvolta faccio fatica a trovarla adatta alla musica che vorrebbe descrivere, di solito viene associata a qualcosa di complesso e vulcanico , credo che possa piacere perché ci troviamo sovraesposti a un tipo di musicalità molto ripetitiva.
Non credo che vada ricercata in quanto tale la complessità , apprezziamo la musica basandoci sulla nostra percezione del suono , un suono inconsueto può essere molto bello.