Si intitola Fottuti per Sempre, prendendo spunto dai gratta e vinci che promettono Una vita in vacanza, per citare il titolo del pezzo forse più noto di uno dei due protagonisti di questa bizzarra unione artistica, Lo Stato Sociale e Vasco Brondi. Ognuno fa il suo: Lodo e i suoi costruiscono un brano orecchiabile, semplice e attento nella forma e nella sostanza, mentre Brondi si impegna a regalare uno dei suoi monologhi viscerali e mistici. Il tema del brano, però, fa decisamente riflettere: parla di musica, o meglio, di musicisti. Musicisti indipendenti, con sogni di gloria e sound freschi, con idee originali e presenze sceniche diverse da quelle a cui il pop mainstream ci ha abituato, che poi si trovano a fare i conti con la grigia, triste realtà: non è vero che la musica ti salverà viene ripetuto nel ritornello e non lascia la speranza di un qualcosa che cambia, bensì crea quel mix di disagio e apatia che troppo spesso animano le playlist degli ultimi tempi.
Parlare di morte dell’indie sembrerebbe semplice: è vero che gli anni d’oro di Calcutta, Gazzelle, I cani e dei protagonisti di questo nuovo brano sembrano lontanissimi nel tempo, ma è anche vero che negli ultimi anni tutto sta cambiano a una velocità talmente folle che neanche la musica può riuscire a tenere il passo. Forse è il singolo artista che dovrebbe scegliere se smettere di correre, e rimanere a godere del panorama camminando semplicemente lungo la strada che ha scelto di creare, o se infilarsi nel turbinio competitivo che dà alla luce prodotti finiti ben confezionati ma troppo spesso figli di un marketing seriale e spietato.
Lo Stato Sociale feat. Vasco Brondi: “Fottuti per sempre”, il testo
Avevo scritto una canzone che si chiama “Cromosomi”
parlava di noi che stavamo fuori, dalle classifiche e dalle mode
ora nessuno la ricorda più ma una pagina ne ha preso il nome
scrive di musica commerciale, da Cremonini a Lady Gaga
La prima volta che vai a Sanremo
sei una bomba che esplode in un convento
dalla seconda volta sei già un coglione che fa parte dell’arredamento
ecco voi cinque poveracci vestiti con gli abiti sponsor
ridono i fotografi sui tappeti rossi
era meglio se morivano giovani e stronzi
Fottuti per sempre, famosi per gioco
non è vero che la musica ti salverà
manca una consonante per indovinare
il nome della nostra band e vincere l’Eredità
non credere a niente quando tutto è una moda
spendi tutti i soldi e fotti la celebrità
non c’è niente di vero a a parte le canzoni
che scrivi a sedici anni sopra ai cessi di un bar
così stupido e bambino da crederci davvero
Che il rock and roll non morirà
che il rock and roll ma va là
Volevamo riempire i palasport di musica fatta
senza soldi in una stanza
e quando ci abbiamo suonato davvero
avevano il nome di una banca
volevamo vivere di sogni
fare l’amore con i nostri mostri
ed ora la paura che ci tiene svegli
è finire dalla parte sbagliata di un gossip
odiavamo la televisione, la radio, la musica pop, il successo
ora vogliamo l’alta rotazione, la poltrona di giudice ad X Factor
Fottuti per sempre, famosi per gioco
non è vero che la musica ti salverà
manca una consonante per indovinare
il nome della nostra band e vincere l’Eredità
non credere a niente quando tutto è una moda
spendi tutti i soldi e fotti la celebrità
non c’è niente di vero a a parte le canzoni
che scrivi a sedici anni sopra ai cessi di un bar
così stupido e bambino da crederci davvero
Che il rock and roll non morirà
che il rock and roll ma va là
che il rock non morirà
che il rock and roll ma va là
Eravamo giovani, ingenui, arrabbiati
allegri e disperati
credevamo che i soldi fossero il male
odiavamo chi sventola le manette
chi ha sempre qualcuno da condannare
eravamo dalla parte di chi non ha niente
non importa l’appartenenza sociale
l’identità sessuale
avevamo letto da qualche parte
“Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose
delle quali può fare a meno”
ma anche che il sistema schiaccia chi non ha denaro
e si serve di chi è povero di pensiero
credevamo di poter parlare di tutto senza qualificarci
e senza inginocchiarci davanti al progresso
le idee non sono discoteche, non fanno selezione alla porta d’ingresso
credevamo che ci si salva solo insieme
che la felicità è sovversiva quando si connettivizza
che la libertà di lamentarsi di qualsiasi cosa
non avesse niente a che fare con la libertà
che essere diversi fosse un diritto
non una scusa per attaccare chi non ti ha capito
volevamo cambiare tutto non riempire un altro vuoto di mercato
andavamo a un concerto sconvolti come a un rito sciamanico
e alla fine dormivamo alla stazione
pensavamo che la vita sulla terra
non dipendesse da come andavano i sistemi economici e politici
ma dal brillare del sole
eravamo giovani, giovani o pazzi
ma avevamo ragione
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