Lucio Corsi ha sorpreso molti sul palco dell’Ariston con la sua canzone, Volevo essere un duro, con la sua performance, con il costume e con tante altre caratteristiche che gli conosciamo da tempo. Ed è particolarmente piacevole vedere un talento molto grande che si rivela anche a chi non mastica musica indipendente/emergente proprio tutti i giorni.
La sua mascolinità anti-tossica, fantasiosa e creativa, è espressa da un testo intelligente ma mai supponente, costruito con cura e accompagnato da sonorità che fondano le proprie radici in un background da polistrumentista e da musicista di alto livello.
Lucio Corsi, “Volevo essere un duro” – il testo
Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro
Un robot
Un lottatore di sumo
Uno spaccino in fuga da un cane lupo
Alla stazione di Bolo
Una gallina dalle uova d’oro
Però non sono nessuno
Non sono nato con la faccia da duro
Ho anche paura del buio
Se faccio a botte le prendo
Così mi truccano gli occhi di nero
Ma non ho mai perso tempo
E lui che mi ha lasciato indietro
Vivere la vita
E un gioco da ragazzi
Me lo diceva mamma ed io
Cadevo giù dagli alberi
Quanto è duro il mondo
Per quelli normali
Che hanno poco amore intorno
O troppo sole negli occhiali
Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro no
Un robot
Medaglia d’oro di sputo
Lo scippatore che t’aspetta nel buio
Il Re di Porta Portese
La gazza ladra che ti ruba la fede
Volevo essere un duro
Però non sono nessuno
Cintura bianca di Judo
Invece che una stella uno starnuto
I girasoli con gli occhiali mi hanno
“Stai attento alla luce”
E che le lune senza buche
Sono fregature
Perché in fondo è inutile fuggire
Dalle tue paure