Esce per Radici Music Records La febbre incendiaria, il terzo disco del cantautore toscano Marco Cantini. L’album è liberamente ispirato al romanzo La Storia (Einaudi, 1974) di Elsa Morante, libro tra i più importanti della letteratura italiana del ‘900 che racconta le drammatiche vicende della maestra elementare di origini ebree Ida Ramundo nella Roma della seconda guerra mondiale.
Il disco è composto da quattordici tracce ispirate ai personaggi principali e agli episodi salienti descritti nel romanzo, ed è stato registrato presso lo storico SoundClinic Studio Larione 10 di Firenze assieme a una band di considerevoli musicisti del panorama italiano che da anni collaborano con Cantini. L’immagine di copertina e le illustrazioni interne sono tratte da opere del pittore Massimo Cantini, padre del cantautore.
L’album vede ancora una volta la presenza di Gianfilippo Boni ad affiancare Cantini nella produzione artistica, ed è stato registrato dal vivo in presa diretta dal cantautore assieme allo stesso Gianfilippo Boni, Lele Fontana, Lorenzo Forti, Riccardo Galardini e Fabrizio Morganti presso lo storico SoundClinic Studio Larione 10 di Firenze, ai quali si sono aggiunti Francesco “Fry” Moneti (Modena City Ramblers) e Claudio Giovagnoli (Funk Off) che assieme a Cantini e ai suddetti musicisti hanno curato gli arrangiamenti di tutto il disco.
Oltre a loro l’album vede molteplici ospiti, quali i cantautori Marco Rovelli, Tiziano Mazzoni, Nicola Pecci e Silvia Conti, e una lunga serie di ottimi musicisti e artisti come Riccardo Tesi, Gabriele Savarese, Roberto Beneventi, Serena Benvenuti, Claudia Sala, Stefano Disegni, Nicola Cellai, Andrea Beninati e Valentina Reggio.
Marco Cantini traccia per traccia
Si parte da guerra e macerie, con la lenta e molto intensa Ida in lotta, con Valentina Reggio: si comincia a raccontare la storia dolorosa di Ida Ramunda.
Ma non c’è soltanto dolore: Manonera (con il featuring di Silvia Conti) infila qualche tratto di leggerezza e di fisarmonica in un ritratto tra l’amaro e l’alcolico.
Un figlio è sicuramente uno dei punti focali del disco. Il passo è lento e le sonorità in apertura progressiva, un background sonoro tranquillo per far emergere un testo importante.
Si torna ad alzare i ritmi, e anche in parte i toni, con Classe Operaia, accanto a Tiziano Mazzoni, per raccontare la breve storia in fabbrica di Davide Segre, chiusa da un ricco assolo di sax.
Classe Borghese (con Nicola Pecci) torna a toni drammatici, con un inizio tranquillo a livello di suoni e un climax drammatico inevitabile.
La sostanza politica de L’Anarchia va di pari passo con suoni quasi latini, accanto alla voce di Marco Rovelli.
Anaciclosi, con Sara Benvenuti, rientra in ranghi molto placati a livello sonoro, con la chitarra classica che detta i ritmi e il flauto che aggiunge qualche nota più acuta.
Anche Il Potere apre con la chitarra acustica ma presto allarga i propri confini, per raccontare il peregrinare romano del soldato Gunther, tra cimiteri e osterie.
Si procede poi a raccontare L’Orrore, senza toni estremi ma con una certa malinconia sottile. Che tracima fino a Luglio ’43, altra storia di distruzione e dei suoi “days after”.
Breve e stranamente non del tutto analogica Ceteri Desunt, che lascia poi spazio a Nel Rifugio, L’idea, che se non è allegra, è ribelle. All’armonica a bocca Stefano Disegni, musicista ma probabilmente più noto per quanto fatto con la sua matita.
Dell’inizio e la fine accompagna, con l’ausilio del pianoforte e degli archi, verso la fine tragica del romanzo e del disco.
L’effettivo finale del disco è poi con La Storia (explicit), aperta dal sax e poi improvvisamente placata per lasciare spazio alla voce.
Un’opera importante e ricca di significato, quella che Marco Cantini mette su disco. Ma nonostante la complessità e il dramma, oltre che la difficoltà di confrontarsi con un’opera importante come quella di Elsa Morante, Cantini riesce nell’impresa di rimanere semplice, di raccontare senza farsi prendere la mano, di non dimenticarsi di mettere i giusti accenti sulla canzone e sull’album.