Si chiama All’Italia il nuovo album di Massimo Priviero, cantautore con molta storia alle spalle che si cimenta con una sorta di concept album. In All’Italia Priviero fotografa storie scandite lungo la nostra strada comune dal Novecento fino ai giorni nostri.
Massimo Priviero traccia per traccia
Si parte con una morbida e narrativa Villa Regina, ma del resto quella del disco è sostanzialmente una narrazione ininterrotta, qui con suoni acustici a sottolineare la voce di Priviero. Giri semplici e ritmi moderati quelli di Aquitania, su temi intimi e romantici, ma con un background storico (e con l’armonica a bocca).
Cielo blu è dominata da istinti rock-folk, con qualche ruggito che porta il pezzo a essere quasi un anthem. Si prosegue con Friuli ’76, dedicata alle conseguenze terremoto che devastò la regione orientale, ovviamente cupa.
Si scelgono i suoni del blues per tratteggiare Berlino, altra storia di emigrazione con chitarra e voce. Più aperta e solare Alba nuova, benché i temi trattati siano quelli dell’assurda situazione lavorativa che questo Paese vanta.
Rinascimento parte con un coro anch’esso di sapore folk (stampo celtico), mentre con Mozambico ci si sposta su storie africane molto più morbide e malinconiche. Ci si sposta ancora con London, accelerata e baldanzosa, tra i pezzi più vivi dell’album.
Bataclan riporta il discorso in orbita melodica e triste, con ovvi riferimenti alla tragedia del locale parigino. Piuttosto imperdonabile la rima finale “baccàn”/”Bataclan”. Si chiude con un altra ballata morbida come Abbi Cura, prima che arrivi la bonus track Basso Piave.
Linee semplici, quelle delle canzoni di Priviero, si diceva. A volte anche troppo semplici. Si apprezza la sincerità dello sforzo di molte delle canzoni dell’album, la schiettezza degli accenti, il fatto che si prediliga sempre la linea diretta. Forse sarebbe stato utile smussare un po’ di retorica qui e là.
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