Abbiamo intervistato la band siciliana dei Miqrà in vista dell’uscita del loro prossimo singolo La catastrofe in me che anticiperà il nuovo album. I Miqrà nascono in Sicilia nel 2012, pubblicano l’album Ultimo Piano Senza Ascensore sotto la guida di Carlo Barbagallo e da quel momento in poi non si fermano più. Dopo svariati singoli tra cui Futuro, Ti sveglierò in aprile e Aretusa” è il momento del nuovo singolo

Come vi siete conosciuti e come vi siete evoluti?

La nostra è una storia lunga e complessa, fatta di partenze e ritorni, siamo sempre stati un tumulto così come la nostra terra. Io (Giovanni) e Mario condividiamo il palco da una vita, dopo esserci conosciuti a una cena poco sobria, anni dopo si è aggiunto Gaetano, incontrato casualmente durante un tour teatrale nel quale scoppiò subito la scintilla e, ultimo in ordine cronologico, Alberto che però da sempre orbitava attorno alla band essendo stato tra i collaboratori del primo disco. In mezzo ci sono state tante altre anime, perché il nostro è un collettivo musicale. Ognuna ha lasciato qualcosa che noi, con mille sforzi, proviamo a portare avanti.

La vostra direzione artistica e il vostro processo creativo sono spontanei oppure vi piace pianificare e pensare attentamente a cosa fare e cosa produrre?

Negli anni abbiamo aggiunto professionalità al nostro processo creativo, però ciò da cui si parte è sempre un’idea semplice: voler raccontare una storia. Così lasciamo che i brani prendano la loro forma, il vestito migliore per ognuno, quando poi immaginiamo la dimensione giusta, a quel punto si passa al lavoro pratico e lì, per quanto riguarda questo disco, abbiamo dato le “chiavi” delle direzione dei lavori a Gaetano che riesce a metterci tutti d’accordo.

Però non si fanno brani a tavolino, non è il nostro mondo quello, viviamo di esigenze diverse. Cerchiamo ciò che di più vero possa esserci.

Abbiamo assistito al Festival di Sanremo, con i suoi “pro” ed i suoi “contro”, pensate che sia ancora un obiettivo per le band emergenti o magari che sia qualcosa di troppo lontano dalle piccole realtà musicali?

Il Festival è un mondo distante da chi, come noi, suona nei live club. Sono universi che però, in alcuni casi, hanno cessato di essere paralleli per provare a intersecarsi. In fondo dare un limite o un confine alla musica sarebbe un reato gravissimo.

Credo che però l’importante sia non perdere la propria natura se si vuole aspirare a qualcosa, come per esempio quel palco, difendere la propria provenienza senza tramutarsi in ciò che il contesto richiede. Altrimenti si finisce per appiattirsi e nella musica, così come nella vita, la diversità è una fonte di ricchezza tale da preservare ad ogni costo.

Parliamo del vostro singolo, un prodotto notevole che sicuramente prende le distanze da un certo tipo di musica commerciale. Cosa ha ispirato La catastrofe in me e come mai avete scelto questo brano come primo singolo?

La catastrofe in me è sicuramente un brano che rispecchia a fondo la nostra anima musicale. È proprio per questo che lo abbiamo scelto come singolo, perché volevamo una canzone che raccontasse a pieno ciò che siamo diventati in questi anni.

Ci sono le “scarpe sporche di fango” rappresentante dai suoni di chitarra elettrica ma, allo stesso tempo, c’è il “paio di scarpe buone” dei violini e di tutto il comparto di archi. C’è del bipolarismo in noi, forse è vero, ma almeno non c’è paura nel provare ad osare e raccontarsi per ciò che siamo.

Con chi avete collaborato per la realizzazione del singolo (e dell’album) e con chi vi piacerebbe collaborare in futuro?

Come dicevo in precedenza noi siamo un collettivo musicale, per cui in questo disco ci sono decine di musicisti eccezionali che hanno suonato per noi. Ma non solo musicisti, ad esempio in un brano sarà ospite la bravissima attrice Francesca Fichera. È bello poter condividere i percorsi, lo è ancora di più quando senti di avere vicine delle persone affini al tuo tipo di racconto.

In futuro speriamo di poter continuare ad allargare questa nostra realtà coinvolgendo sempre più musicisti, magari confrontandoci con mondi lontani dal nostro.

Il vostro nuovo disco vedrà la luce a breve, seguirà la stessa lunghezza d’onda del singolo o dobbiamo aspettarci stravolgimenti e sorprese?

Il disco sarà un viaggio, fatto di tappe diverse tra loro, con l’unico filo conduttore del racconto di tutti quei personaggi che stanno bene senza riflettori puntati. Il tema centrale sarà “l’amore nonostante tutto”, però dentro ci saranno dei passaggi tra diversi universi musicali, come da sempre piace fare a noi.

Quali saranno le vostre prossime date live che avete in programma?

C’è un tour in fase di definizione, anche se al momento non possiamo comunicare nulla a riguardo, però una cosa è certa: questo disco nasce con l’esigenza di suonarlo tanto in giro, perché è ciò che ci rende vivi come nient’altro.

Ultima domanda: vorreste cambiare qualcosa sul vostro percorso fatto a oggi oppure no?

A chi dice che non cambierebbe nulla io solitamente non credo, come in tutti i percorsi esistono dei momenti di difficoltà. Per quanto mi riguarda farei volentieri a meno dei periodi post pandemia, quando il mondo dei live club si è scoperto indifeso portando alla chiusura di tantissime realtà che, a sua volta, si è trasformato per noi in un lungo periodo di assenza dai palchi, per un musicista una sofferenza atroce. Però, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno come solo i buoni bevitori sanno fare, quei mesi sono diventati un periodo di viaggio e di ricerca, con la scoperta di nuovi amori che, in qualche modo, troverete dentro questo disco.

Pagina Instagram Miqrà

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