Cesare è il nuovo singolo di Moretti, disponibile su tutte le piattaforme digitali per Bradipo Dischi (in distribuzione Self / Believe), un brano che è un omaggio a Pavese e un nuovo pretesto per curiosare nella sua vita, per approfondire la biografia del poeta e la sua misteriosa morte. 

La delicatezza dei versi e dell’arrangiamento curato da Giovanni Doneda e Pietro Gregori (Il Mago Del Gelato) lascia il posto all’esplosivo solo di sax di Andrea Catagnoli (Brucherò Nei Pascoli) nel finale. È il primo singolo estratto da nomi cose città, secondo album di Moretti, che verrà presentato ad aprile al Teatro Bello di Milano. Lo abbiamo intervistato.

Chi è il Cesare che ha ispirato questo tuo brano? E cosa ci racconta del tuo nuovo album in uscita? 

    Cesare è Cesare Pavese, un autore a cui sono molto legato e di cui la biografia mi ha sempre affascinato molto. In realtà scegliere un suicida è stato un escamotage narrativo per raccontare qualcosa di personale, portando al culmine la drammaticità del contesto.

    Avrei potuto scegliere il giovane Werther, Cleopatra o David Foster Wallace; ho deciso di prendere in prestito l’ultima notte di Pavese perché la sua storia è più attinente a ciò che desideravo esprimere.

    Non credo racconti molto, il disco che uscirà tra poco è fatto di nove racconti autonomi che hanno ragione di stare insieme solo da un particolare che verrà esplicitato con il nome del disco stesso. Racconta forse il modo in cui abbiamo impostato il lavoro di produzione del disco: degli arrangiamenti minimal al servizio dell’ascolto dei testi, nessuna presenza di suoni campionati, tutte le tracce suonate il più possibile insieme in presa diretta. 

    Quando sei entrato per la prima volta in contatto con l’opera di Pavese? Come mai pensi che ti possa influenzare così tanto?

      Non ricordo precisamente, immagino di esserci inciampato un po’ come tutti al liceo. Sono quasi sicuro di aver iniziato a scoprirlo con La luna e i falò: un romanzo meraviglioso. Sono certo invece di aver letto per la prima volta Il mestiere di vivere in aeroporto a Catania, a vent’anni, dopo aver perso un aereo ed esserci rimasto per una decina di ore.

      Rimasi folgorato e scrissi di getto la prima stesura di questa canzone che stette a fare muffa dopo una prima incisione fino all’anno scorso, quando, come dicevo, affascinato dall’idea di estendere al massimo la drammaticità del brano, la ripresi e le cambiai totalmente i connotati lasciando solo il ritornello. 

      Per questo brano hai collaborato con Giovanni Doneda, Pietro Gregori, ti sei affidato a Bradipo Dischi… Come hai scelto le persone che ti affiancassero in questo nuovo inizio? 

        Bradipo dischi mi segue da quando Moretti ha vita e oltre a essere la mia etichetta è il mio punto di riferimento su quello che dovrebbero essere le case discografiche oggi. Ci siamo scelti perché entrambi crediamo ai rispettivi progetti e entrambi abbiamo una visione simile di quello che oggi può essere la musica indipendente.

        Giovanni Doneda e Pietro Gregori hanno suonato nel mio primo disco e mi hanno colpito subito per il loro essere sempre propositivi, sempre al servizio della canzone ma con una vena creativa che hanno pochi altri musicisti.

        Una sera dell’autunno del ‘23 ero in studio a ultimare le preproduzioni, ancora non avevo idea a chi affidare la produzione di questo disco: gli arrangiamenti erano già più o meno tutti scritti, alcuni più convincenti, altri meno, sapevo che mi serviva qualcuno che riordinasse le mie idee e ci mettesse del suo. A sorpresa quella sera passano per un saluto Giovanni e Pietro, mi si accende la lampadina e gli propongo la produzione del disco. Dopo un mese siamo nel loro studio a registrare. 

        Questo in uscita sarà il tuo secondo disco. Ci riassumi il periodo che è intercorso tra il primo e il secondo disco? 

          Premetto che quest’album sarebbe dovuto uscire più o meno un anno fa se non mi fossi spappolato una gamba, cosa che mi ha costretto per sette mesi in casa. Nell’anno trascorso tra l’uscita di Moretti ha fatto anche cose buone e la fine del periodo di scrittura di questo nuovo album ho passato tre mesi a cercare di capire il concept del disco che avevo in testa e nove mesi a vomitare canzoni; e il disco è venuto da solo. Poi per il resto ho fatto quello che fanno tutti: ho mangiato, dormito, viaggiato, mi sono innamorato e disamorato. Le cose che si fanno per vivere. 

          Come si può vivere di musica, oggi?

            E’ un tema difficile. In Italia, parallelamente a quello che succede nella società odierna, il sistema musicale è pieno di soldi, concentrato nelle mani di pochissimi che giocano riottosamente a chi è più ricco, maltrattando la musica e usando le canzoni come fossero pezzi da catena di montaggio.

            Il lato creativo è andato completamente scomparendo, sostituito dall’estetica, la promozione e tutto quello che c’è intorno alla creazione di un personaggio. Della musica, di quello che esce, sembra non freghi più a nessuno. Noi artisti indipendenti siamo alla base di questo sistema piramidale e volenti o nolenti lo sosteniamo.

            Gli unici ricavi reali che riceviamo sono tramite concerti e, anche lì, se ne fanno sempre meno e sempre più grossi. Di conseguenza non ti saprei rispondere, so soltanto che mi piacerebbe tornare a definire la musica pop come qualcosa di massificato ma anche di qualità. Poi ci sono altri modi di vivere di musica, per ora personalmente ci vivo insegnandola ma questo esula dal mio progetto artistico.

            Pagina Instagram Moretti

            Lascia un commento

            Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

            Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

            Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

            Chiudi