E’ disponibile in distribuzione Believe il primo ep del progetto Not My Value, non solo un nome, ma un vero e proprio manifesto: un robottino, due musicisti, tre atti, uno spazio dove non dover scegliere tra dormire e svegliarsi, in un’epoca dove tutto grida, Not My Value sceglie di sussurrare, conducendoci in questo tunnel elettronico.
Dream – Side A, questo il titolo di questo nuovo disco, è un viaggio emotivo sospeso tra sogno e realtà, dove il tempo e la memoria si intrecciano con immagini oniriche e non sempre amichevoli – messaggeri del subconscio, che appaiono per sussurrarti verità scomode.
Anche se fanno paura, sono lì per svegliarti. I testi prendono spunto da sogni reali, si soffermano su scelte paralizzanti, ferite che continuano a pulsare, relazioni intense intrappolate in meccanismi distorti, e quel senso di ansia sociale che aleggia in un presente/futuro dominato da incertezza e conflitti globali. In quale incertezza è meglio restare? Abbiamo cercato una risposta con loro.
I vostri live sono un viaggio teatrale fra sogno, limbo e realtà, con una band vera, un robottino che parla e visual ricchi. Quando avete capito che la vostra musica aveva bisogno anche di corpi e luci per esistere?
Siamo partiti dalla musica, ma presto abbiamo capito che non ci bastava: dietro c’erano molte riflessioni e pensieri che volevamo far arrivare davvero al pubblico. Sentivamo il bisogno di raccontare qualcosa di più, una storia, un vero viaggio emotivo.
La costruzione dello show è stata un percorso articolato. Per prima cosa abbiamo pensato a NMV84, il nostro robottino, come guida per introdurre, con la sua voce, i temi del live. Poi abbiamo deciso di dare un ordine ai brani, creando un viaggio suddiviso in tre atti – sogno, limbo e realtà – con un inizio e una fine. Come nelle migliori fiabe, abbiamo inserito prove da superare e aiutanti: tre artisti che ci hanno ispirato e di cui abbiamo reinterpretato alcuni brani (Yet To Come con Any Word, Don Backy con Casa Bianca e i Velvet Underground con After Hours).
Per far immergere completamente il pubblico in questo loop abbiamo introdotto anche una componente visiva: ci siamo affidati a Christian Boragine, che ha curato magistralmente i visual proiettati durante il live. Anche i costumi hanno un ruolo fondamentale: per questo collaboriamo con Mia Ray, la cui creatività ha dato vita a un’immagine forte e coerente con il concept.
Il robottino sul palco: lo trattate più come un elemento comico, un medium o un altro membro della band?
NMV84 non è solo un robottino sul palco: è la figura che guida il nostro show, introduce i temi, accompagna ogni transizione e riflessione. È la voce che parla quando noi non possiamo o non vogliamo farlo direttamente, il narratore del nostro mondo.
NMV84 esisteva nelle nostre teste prima ancora dello spettacolo: lo immaginavamo come custode delle nostre identità, un filtro tra ciò che siamo e ciò che facciamo. Con lui abbiamo trovato un modo per creare distanza fra noi e ciò che produciamo, sentirci più liberi di sperimentare senza la pressione di “rappresentare” qualcosa.
In fondo, è questo il senso del nostro nome: Not My Value è un promemoria a non identificarci esclusivamente con la nostra arte ma a riconoscere la nostra umanità anche al di là di ciò che creiamo. Alla fine siamo un po’ come due marionette nelle mani di NMV84 e possiamo sciogliere i fili solo alla fine dello show, quando ci giriamo verso il pubblico. Proprio da questa immagine è nato il videoclip di Sign Language.
Che tipo di pubblico vi emoziona di più: quello che ascolta in silenzio o quello che si lascia andare e si perde nella performance?
Suoniamo uno di fronte all’altro e il pubblico ci vede di profilo: ci giriamo solo alla fine, quindi per tutto lo show siamo immersi nel nostro mondo e non capiamo davvero la reazione del pubblico finché non lo vediamo. Quando finalmente ci voltiamo l’impatto è forte: capiamo cosa è arrivato.
È successo di suonare in club dove le persone si sono sedute in silenzio, come a teatro, e il silenzio era carico di attenzione; altre volte qualcuno ha raccontato i “viaggi” che ha fatto mentre ci ascoltava, oppure ha colto più sfumature al secondo live e ce lo ha riferito per capire se aveva interpretato bene. Sono tutte reazioni splendide: ciò che ci emoziona davvero è sentire che il pubblico è attento e desideroso di entrare nel nostro mondo.
C’è un momento preciso durante lo show in cui sentite che il pubblico entra nel vostro sogno?
Uno dei momenti è la fine del primo atto, quando appare nei visual un disclaimer: “Attenzione, applaudire potrebbe svegliare il sonnambulo”. A volte chi stava già applaudendo smette improvvisamente; altre volte qualcuno inizia ad applaudire più forte, quasi per svegliarlo. In entrambi i casi capiamo che il pubblico è dentro al viaggio.
Se poteste trasportare il vostro live in uno spazio qualsiasi – reale o immaginario – dove lo mettereste
Sarebbe bellissimo poter svolgere ogni atto in una location diversa: tra un atto e l’altro lo spettatore si sposterebbe ma resterebbe immerso nello stesso sogno, attraversando tre mondi con colori, scenografie e atmosfere differenti.
Nel mondo reale vorremmo portare il live nei teatri: sono spazi pensati per accogliere musica, cambi di scena, luci, visual, coreografie – tutto ciò che rende visibile e vivibile il nostro immaginario. Il teatro ci permetterebbe di dare forma ai concetti che abitano la nostra musica: riferimenti filosofici, cinematografici, principi etici che spesso restano sotto traccia.