In occasione del suo ventennale discografico e a distanza di cinque anni dal suo ultimo Capolavoro (Altipiani Records, 2015), esce il nuovo album di Pino Marino dal titolo Tilt. Il disco è stato anticipato dal singolo Calcutta e dal suggestivo video diretto dal regista Marco Arturo Messina.
“Quando si alterano e si infrangono la posizione e l’equilibrio di un Flipper, il suo stabilizzatore interno va in protezione, fa contatto e toglie la corrente al gioco generando il Tilt” ha dichiarato lo stesso autore. Quelli che vengono affrontati in questo disco sono tilt di varia natura: epocali, ma anche sociali, interpersonali e culturali. Se ogni tilt genera un bivio, solo una consapevole scelta collettiva può generare e indicare vie nuove da percorrere.
In copertina la foto dal titolo L’ora del bagnetto, Gaza, scattata da Emad Nassar nel 2015, vincitrice dello Sharjah Award in Medio Oriente. Lo scatto ritrae Salem Saoody, 30 anni, mentre sta facendo il bagno a sua figlia Layan e sua nipote Shaymaa nella vasca da bagno, unico pezzo della casa rimasto illeso dai bombardamenti
Pino Marino traccia per traccia
Si parte da Calcutta, già nota per essere stata presentata come singolo, martellante e incisiva. Più romana che indiana la canzone ha l’aspetto di un rock aperto un po’ anni Ottanta, con un inciso di chitarra elettrica e un ritmo continuo a far da sfondo a parole quasi altrettanto continue.
Fischietta un po’ Pensiero nucleare, leggermente di miglior umore, benché l’ironia della canzone si alimenti di realtà chimiche e radioattive. C’è perfino un pizzico di autotune, che si inserisce temporaneamente in un ambito molto pensoso.
L’ironia non si esaurisce e si trasmette anche al ritratto leggero di Caterina Volentieri, un acquerello su tempi quasi di beguine, tra occhi tristi e capelli neri.
Non molto americana, ecco poi La statua della Libertà, sottile e insinuante quanto a suoni, e piuttosto “libera” per quanto riguarda il fraseggio del testo.
Si duetta con Ginevra di Marco su Maddalena, altro episodio molto delicato e molto “cantautorale”, un ritratto non privo di dolore, con simbologie religiose utilizzate per richiamare a giudizi frettolosi del tutto attuali.
Problemi di identità quelli che espone Io non sono io, su un beat sostanzialmente dance, in una sorta di autoritratto quasi tutto in negativo.
La mia velocità corre soltanto nei pensieri, perché il brano è in realtà estremamente calmo, proprio per esplorare concetti talvolta un po’ surreali.
Tematiche di congedo all’interno di Crepacuore, in cui il sax fa da collante a un pezzo molto meditativo e descrittivo. C’è invece il pianoforte ad accompagnare la voce di Tosca, prestata a Roma bella. Il disco si chiude sul battito forte di Tilt, con il recitato di Vinicio Marchioni, che riassume in parte temi e parole del disco.
Non bisogna farsi ingannare dal disco di Pino Marino: è sì un disco “vecchio stile”, da cantautore, con tutti i crismi classici. Ma questo non significa che non ci sia attenzione al contemporaneo, per esempio in quel cantato così fitto e denso, quasi rap, quasi “indie” (ironia della sorte), che lo fa stare tranquillo accanto agli autori meno esperti.