Professione musica: Guido Bertazzoni, promoter
Le interviste di questa rubrica vogliono dare uno sguardo un po’ più approfondito a molte, se non tutte, le professioni che ruotano intorno al mondo della musica. Quindi cantanti e chitarristi, naturalmente, ma anche arrangiatori, tecnici del suono, gestori di sale prove, addetti stampa, giornalisti, fotografi, registi di video eccetera. Per capire se e come sia ancora possibile “vivere di musica”.
Chi c’è dietro un concerto? Parecchia gente, tra cui una figura di raccordo tra la band e il locale dove il concerto si terrà: il promoter. Guido Bertazzoni dimostra come non sia proprio necessario avere i capelli bianchi per fare questo lavoro, in cui la flessibilità è all’ordine del giorno.
Puoi presentarti in breve e descrivere la tua professione?
Mi chiamo Guido, ho venticinque anni e vengo da Milano, sono promoter e agente di booking, in parole povere organizzo eventi e cerco concerti per le band presenti nel roster di Astarte Agency, l’agenzia per cui lavoro.
Quali sono stati i tuoi primi approcci con il mondo della musica?
In famiglia la musica era sempre presente, da De Gregori ai Beatles passando per Vasco e Peter Tosh; una menzione d’onore va a mio nonno che mi ha sempre fatto ascoltare musica classica che, pur non ascoltando molto, apprezzo e rispetto molto. Intorno ai dieci anni è poi iniziata la mia ricerca privata e personale che non si è ancora fermata.
Hai avuto figure ispiratrici, qualcuno che ti abbia aiutato particolarmente, punti di appoggio senza i quali non avresti raggiunto i tuoi obiettivi?
A parte la famiglia, già citata in precedenza, cerco sempre di prendere spunto dagli amici e dai conoscenti. La domanda andrebbe posta al presente, infatti da quando faccio questo lavoro ho conosciuto molte persone che stimo e le cui idee e opinioni per me contano moltissimo.
Qual è la parte del tuo lavoro (se c’è) che detesti o della quale comunque faresti a meno?
È un lavoro critico, parlare di soldi può essere scomodo. Lavorare al meglio richiede organizzazione e costanza che non si trovano sempre con facilità.
Puoi raccontare qualche aneddoto particolare legato alla tua professione?
Aneddoti tanti, per ogni data e per ogni artista si potrebbe raccontare qualcosa. Ricordo con piacere la mia esperienza come tour manager che mi ha portato a girare l’Italia (in treno e prendendo solo regionali lentissimi) insieme a un artista che ammiro e che nel frattempo è diventato anche un amico, avendo avuto modo di conoscerlo nelle tante ore passate insieme.
Sei iscritto/a a enti previdenziali oppure organizzazioni di qualche tipo? E’ obbligatorio o facoltativo?
Non lo sono, per ora non credo serva, arriverà anche il momento per questo.
Consiglieresti a un giovane di provare a fare il tuo lavoro? Perché?
Lo consiglierei a ragazzi motivati e positivi, se uno è interessato a conoscere le dinamiche che stanno dietro a un concerto credo che questa sia la strada giusta.
Senza entrare nello specifico, puoi dare un ordine medio di prospettive economiche per chi fa un lavoro come il tuo nel 2014 e in Italia? Quanto si può arrivare a guadagnare, a grandi linee ma in modo realistico dopo qualche anno di professione?
Si guadagna poco, almeno lavorando con band “emergenti” (termine abusato che personalmente detesto) ma il margine di crescita è continuo e la mia prospettiva è quella di arrivare a una maggiore sicurezza economica.
Che progetti e prospettive vedi per te in questo momento e per chi lavora nel settore musicale oggi in Italia?
Tendo a essere ottimista, anche se il periodo e la situazione, specialmente in Italia, non lo permettono granchè. Qualcosa si muove e, come diceva un amico pochi giorni fa, non si può continuare così per sempre.
Che tipo di musica ascolti nel tuo tempo libero?
Ne ascolto pochina in realtà, è un paradosso me ne rendo conto. In ogni caso rimango legato al cantautorato, al rap e al punk, senza dimenticare alcuni mostri sacri quali Smiths, Talking Heads, Clash e Bob Marley. Eclettismo prima di tutto.
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Sergio Longhi
Carino