Si chiama Andrea D’Apolito, ma quando imbraccia la chitarra preferisce firmarsi Dap: cantautore romano d’impronta folk, il suo esordio, pubblicato da Toto Sound Records, è Resonances.

Benché si tratti di un esordio, in ogni caso, il disco può contare su una serie collaborazioni non indifferente: si va dalle voci femminili di Vahimiti Cenci e Sara Sileo alla chitarra di Jorma Gasperi e Daniele Sinigallia, che dell’album è anche produttore artistico, con Alessio Magliocchetti Lombi che ha impreziosito Not Again con la sua National resofonica. Infine, su Stromboli, brano dedicato a uno dei suoi luoghi del cuore, c’è la tromba di Paola Fecarotta.

Dap traccia per traccia

La partenza è morbidissima: Crossroads si piega al discorso chitarra-voce di stampo folk più classico, il tutto fatto con estrema dolcezza ma anche con una certa proprietà. C’è maggior nerbo e anche qualche idea elettrica invece in Eye for an Eye, breve ma piuttosto sentita.

La voce di Dap si erge a protagonista di Stand Back, che torna su tonalità morbide e su circonvoluzioni non sempre semplicissime di chitarra. Non particolarmente vulcanica Stromboli, che anzi addolcisce ulteriormente il paesaggio con una voce femminile e un pianoforte.

Torna vincente la chitarra acustica e i modi folk in Come when I call, con retrogusti di prateria e landscapes piuttosto vasti. Independence Day, da noi, evoca ancora un film catastrofico di qualche anno fa, ma qui non c’è nessuna catastrofe in corso, anzi il fluire delle note è molto soffice, almeno fino a un finale che a sorpresa si rivela su toni psichedelici.

Molto femminile e molto celtica l’apertura di Not Again, che però acquista un ritmo più sostenuto e più ruspante con l’ingresso della voce di Dap e con il procedere delle battute. La chiusura è quella di Pearl, che inizia su percussioni e oscurità quasi del tutto assenti nel resto del disco. Anche la chitarra si adegua al contesto, ma l’oscurità dura poco e ci si trova di fronte a un brano pop-rock ben eseguito e molto rotondo, arricchito da un basso molto attivo.

Sorprendente, per certi versi, e sicuramente appagante l’esordio di Dap, che accetta le molte influenze internazionali in un disco che però lascia filtrare molto della sua personalità. Cura dei dettagli e occhio al quadro generale assicurano un ottimo risultato complessivo.

Se ti piace Dap assaggia anche: Damien McFly, “Parallel Mirrors”
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