Recensione: Heathens, “Alpha”

HeathensPubblicato da IRMA Records, è uscito da qualche giorno il nuovo album degli Heathens, dal titolo Alpha. Composto nell’arco di due anni, Alpha costituisce una riflessione attenta e uno sguardo critico verso alcuni comportamenti sociali propri dei giorni nostri. Il disco, registrato e prodotto da Tommaso Mantelli (Captain Mantell) nel suo GrooveStudio, fa riferimento agli universi frequentati da Massive Attack, Radiohead e Depeche Mode.

Heathens traccia per traccia

Si parte subito avvolti dall’oscurità di Empty House, una casa vuota riempita dal synth, da percussioni ovattate e da voci ora tranquille ora concitate, comunque con un certo senso di calore. It Doesn’t Matter si muove negli stessi tunnel del brano precedente, ma utilizza una vocalità più corale.

Si passa a contesti molto più minacciosi con Parallel Universes, scelta anche per il video, con un ritmo in crescita sempre più frenetico e martellante. Dietro alle sonorità che incalzano, si intuisce la tristezza nella voce che ripete “you can”, ma che non sembra conservare molto ottimismo per sé. Matematico e preciso, il mood di Bertrand Russell ci intoduce in ambienti molto algidi, animati dalla (presumibile) voce del filosofo gallese.

Ci si stende in praterie sintetiche, già arate da molte synth band e da alcuni giganti del pop internazionale, con Our Happiness. The Dust ha un ingresso minimalista, nel quale entra poi la voce di Anna Carazzai, ma il tono si mantiene morbido. Apocryphal Masters, al contrario, picchia piuttosto duro (nei limiti) fin da subito, giocando con voci e battiti.

In Limbo si mescola nei chiariscuri, vede suoni che emergono dall’oscurità, per un pezzo di buon passo e impatto. Altrettanto si può dire per From My Sofa, che però indurisce i suoni ulteriormente e si presenta con la faccia cattiva. Si chiude con To The End of the Night, che si allunga su ritmi quasi dance e panorami apocalittici, con ripetizioni martellanti che portano alla fine del disco, oltre che della notte.

Alpha si presenta come un disco significativo, molto oscuro, con scelte piuttosto nette e con la capacità di sorprendere, qui e là. Buono il lavoro degli Heathens che non si appiattiscono sui modelli ma vanno alla ricerca di soluzioni personali e interessanti.

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