Ha vinto il titolo di Disco dell’anno di TraKs per il 2015 eppure non avevamo ancora recensito per intero A Path Made by Walking, il disco che Livia Ferri ha pubblicato una canzone per volta lungo tutto l’arco dell’anno (anche se l’avevamo intervistata qui). Tempo di rimediare, ricordando che il disco è coprodotto da Alessandro De Berti e vede la partecipazione di Jack Jaselli, armaud (Paola Fecarotta) e Mimes of Wine (Laura Loriga).
Livia Ferri traccia per traccia
Si parte da Hyperbole, e la partenza è già marcata da carattere e intensità: nel pezzo voce e chitarra si avverte una certa volontà di aggressione, trasparente soprattutto dalla voce di Livia. Non cala l’intensità ma aumenta il volume con The Boss, che pur aggiungendo qualche pausa nel tessuto della canzone, si affida a un drumming piuttosto importante.
Dots unisce i puntini per costruire una melodia che ha un che di orientale, evoca cantautrici angloamericane di svariate epoche, e come spesso nel disco costruisce una struttura ” a salire”. Si passa poi a Heritage, sommessa e contenuta, basata prima di tutto sul dualismo voce-chitarra, impegnata in un discorso molto vellutato. Il velluto però si scansa per lasciare posto a materiali più resistenti in un finale improvvisamente infuocato.
Sentimenti tribali e percussioni afro nell’ingresso di Patterns – Mimes of Wine, che cresce fino ad acquistare corpo e autonomia su giri ripetuti a loop. Happy si dipana in modo non troppo felice, anzi con una melodia piuttosto malinconica. Così come Gratitude, altro episodio pensoso del disco, ma dopo l’introduzione la cantautrice si trova di nuovo nelle condizioni di alzare la voce.
Nell’escursione nel campo dei sentimenti non poteva mancare Love, un semi-strumentale in cui la voce è utilizzata come strumento d’appoggio. Sensazioni quasi country in Hound Dog (parziale citazione, ma non cover, da “The Pelvis”), canzone rumorosa con qualche accenno di rabbia. Si chiude con A Good day to Die, piuttosto scanzonata a dispetto del titolo, con la partecipazione di Jack Jaselli e con una base blues molto caratterizzante.
L’iniziativa di pubblicare un singolo ogni mese e mezzo ha forse di fatto oscurato in parte la compattezza di un disco che invece brilla per suono omogeneo, coerenza e forza interna. Livia Ferri conferma le doti di talento e determinazione, e aggiunge al tutto un’allure internazionale che di certo non guasta.
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