Si chiama Lorem Ipsum il secondo lavoro discografico di Lucio Leoni (noto anche come Bu Cho), cantautore, musicista e produttore romano. Nove tracce che mettono insieme blues, punk, canzone melodica tradizionale e molta teatralità, in un mix di assoluta originalità. Registrato al Monkey Studio dallo stesso Bu Cho e mixato da Riccardo “Rico” Gamondi (Uochi Toki e Ovo).

Lucio Leoni traccia per traccia

Si apre con Luna, che già ci porta nel panorama d’elezione perfetto per chi, diciamo, non ci sta con la testa: e infatti il pezzo alterna un recitato molto compìto sulla desolazione del panorama lunare, accompagnato da accordi blues, e piccoli intermezzi che stanno tra il punk, l’hardcore e Rino Gaetano.

Non meno folle A me mi, anti-inno generazionale che con un eloquio rapidissimo enumera le disgrazie di una generazione incastrata e insensata. Si procede con Domenica, che abbassa i ritmi e si mette a sussurrare, utilizza gli echi e la chitarra acustica per delineare un paesaggio soffice.

Tavolino invece assume le modalità del vecchio stornello romano (della tipologia “daje de tacco, daje de punta”) per dissertare di significante e significato, con incisi che partono quasi hardcore e arrivano al pop anni Sessanta. Insomma, ci vorrebbe il gps per non perdersi.

Fuori da qui si delinea come un pezzo molto più classico di quanto sentito fin qui, con il tono del cantautore e una batteria il cui suono si amplifica anche a causa del minimalismo spinto degli altri strumenti. Prima campanella assume i modi del rap che si impasta su una base di talking blues su obblighi e particolarità del primo giorno di scuola.

Si recupera in serietà con Guardami, che ha uno sviluppo melodico classico, ma il discorso musicale è ancora percorso da piccole vibrazioni sparse, leggere deviazioni del percorso, come a segnalare che sì, la canzone è piuttosto tradizionale, ma c’è sempre qualcosa di inquieto che si muove sotto.

‘Na Bucia torna al talking blues con la voce fronte a fronte con le percussioni: la storia nostalgica di una Roma vecchia e più piccola, più provinciale. Si chiude con la ballata acustica Amami, ricca di curiose infiocchettature ironiche (viene in mente il primo Baccini), senza dubbio canzone d’amore dai crismi particolari.

Originale e d’impatto, l’album di Lucio Leoni si getta alla riscoperta di modi antichi per contrabbandare contenuti contemporanei, molta ironia e uno spirito ribelle che non sa dove andare, ma ci va.

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