Un ep dal nome importante come Carnis Tempora: Abyssus, molti cambi di formazione alle spalle e una stabilità ritrovata: Lamantide, formazione cremonese nata nel 2009 ma che ha impiegato un po’ di tempo per trovare una forma stabile per il proprio approccio hardcore/metal, è qui per rispondere alle nostre domande.
Dopo svariati cambiamenti, sembrate aver assunto un assetto definitivo: il nuovo ep è “figlio” di questa stabilità trovata?
Assolutamente. Con l’attuale formazione siamo assieme dalla fine del 2012; per circa un anno abbiamo macinato un buon numero di live, tra cui alcune uscite all’estero, durante i quali abbiamo maturato la convinzione che questo fosse il nostro assetto definitivo.
Ci siamo resi conto anche di quanto i pezzi che costituiscono il primo lavoro suonassero diversi, più ragionati ed espressivi. Dunque abbiamo sentito l’esigenza di scrivere e registrare del materiale che rispecchiasse la nostra nuova forma. Così ci siamo messi a lavorare ai pezzi che ora costituiscono “Carnis Tempora: Abyssus”.
Tutti i membri hanno contribuito alle canzoni dell’ep: potete descrivere il clima che si è creato durante le lavorazioni?
La parte musicale è stata scritta tutta in saletta partendo da zero; non c’è tra di noi un compositore ma abbiamo seguito in forma collettiva ogni aspetto della composizione. E’ un modo di procedere forse meno efficace e più dispendioso ma che ci ha consentito di condividere tutto, esserne convinti e avere la massima consapevolezza di ciò che andavamo a registrare.
Sulla musica poi Marco, il nostro cantante, ha redatto i testi, anch’essi oggetto di revisione collettiva. Tutte le componenti, musicali e non, sono legate da un unico concept: ci siamo fatti guidare dalla curiosità verso la scienza alchemica, declinando il soggetto in maniera meno banale ed esteriore possibile.
In particolare ci siamo focalizzati sull’idea del processo alchemico come viaggio alla scoperta di se stessi attraverso l’esperienza concreta e spirituale (di cui il primo stadio è la Nigredo) in parallelo con lo svolgersi della vita umana, la successione delle “Stagioni di Carne”, di cui l’infanzia è la prima.
Questa idea è rappresentata anche nell’illustrazione di copertina, composta da un corvo, simbolo della Nigredo e da un bambino. Complessivamente è stato un lavoro impegnativo e a tratti anche macchinoso che ci ha giocoforza preso tempo ed energie. Ma siamo soddisfatti del metodo impiegato e opereremo nello stesso modo quando torneremo a scrivere.
Come nasce “Caro Salutis Est Cardo” e perché la citazione da Tertulliano?
Diciamo che Tertuliano non è il punto focale del nostro concept, né ci interessava affrontarlo da un punto di vista filosofico; lo abbiamo usato più in senso letterale. “Caro Salutis Est Cardo” si può tradurre letteralmente con “la carne è il cardine della salvezza” e sta a significare che così come il dolore anche la grazia passa attraverso l’elemento corporeo. Per noi simboleggiava in maniera molto efficace l’unità tra la componente fisica, materiale e quella spirituale di cui è composto l’uomo.
Lamantide, passione e urgenza espressiva
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
Tutto molto semplice: batteria, basso, chitarra, voce. Zero artefatti ma molta cura nel finalizzare il lavoro, che s’è svolto al Raptor Studio di Vicenza per quanto riguarda riprese e mix e all’Audiosiege Studio di Portland per il mastering.
L’intermezzo invece è stato creato in Ableton Live partendo da un’intervista televisiva in cui Jung parla dell’infanzia (motivo che lo lega col resto del concept), da cui abbiamo ricavato il parlato e alcuni campionamenti utilizzati per costruire la melodia.
Ci teniamo a sottolineare come sia stato molto importante per noi, durante questo processo, il sostegno delle etichette che hanno deciso di partecipare alla realizzazione del disco (Zegema Beach dal Canada, Dingleberry dalla Germania e le nostrane Shove, Epidemic, FCE, Icore, Cave Canem, Here and Now, BlackFire). Persone fantastiche che ci hanno dato un’autentica iniezione di fiducia.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?
Crediamo il circuito hardcore/metal nelle sue diverse declinazioni sia ancora molto fertile nonostante la forte influenza dei vari trend che si sono succeduti negli ultimi anni e che inevitabilmente tendono ad appiattire e ahinoi a spostare il centro dell’attenzione più sull’apparenza che sulla sostanza, come del resto avviene in tutto il resto della società.
Ma chi porta avanti un discorso musicale (e non solo, per molti può assumere anche connotazioni esistenziali, politiche ecc…) di questo tipo lo fa animato da una passione e un urgenza espressiva fortissima, che è lo stesso motivo per cui ci siamo imbarcati in questa avventura, quindi c’è con questi soggetti un feeling fortissimo.
La stragrande maggioranza delle volte in cui giriamo a suonare ci capita di farlo in posti fighissimi, soprattutto a livello umano e di accoglienza, e con gruppi estremamente validi sia per la qualità che per il coraggio di determinate proposte. Ci verrebbe davvero difficile fare un elenco senza far torto a nessuno.
Una band che ci sentiamo di citare, per il rapporto strettissimo che ci lega, sono i biellesi O, amici sopra e sotto il palco, con i quali condivideremo all’inizio di gennaio una serie di date in giro per l’Europa. (Tutti i dettagli all’indirizzo https://www.facebook.com/events/1658430974399454/)