Uscirà il prossimo 8 settembre Portland, il nuovo disco di David Ragghianti: si tratta del primo disco del cantautore toscano, rassicurato dalla produzione di Giuliano Dottori (ex Amor Fou).
Con ospiti come Nico Turner (già al lavoro con Cat Power) Ragghianti prende spunti dal cantautorato italiano e straniero per confezionare nove tracce dai sapori vari, rispettose di tradizioni antiche.
David Ragghianti traccia per traccia
Con un brano melodico e piuttosto classico, I prati che cercavo, David Ragghianti apre il proprio disco: il passo è contenuto, ma l’intensità del brano aumenta lungo la traccia, con qualche riguardo in più per la parte delle percussioni. Si viaggia al confine delle fiabe spesso, con i testi di Ragghianti, ma anche in Amsterdam il suono è piuttosto concreto e ricco di sostanza.
Che il disco, intitolato a una città lontana, sia avvezzo al viaggio, peraltro, lo conferma Dove conduci, molto morbida e piuttosto sussurrata, con la chitarra acustica in mezzo alla scena, insieme alla voce. C’è più mordente, ma senza perdere la calma, in Occhi asciutti, che può ricordare sapori non estranei ai dischi di Ivano Fossati.
Ritmata e densa di suoni sottotraccia Tema del Filo, mentre Se non ti ammali mai sorprende con effetti sonori subacquei, ritmiche reggae e un po’ di ironia. Si torna a modalità molto morbide e tenui con Pause estive, con un buon giro acustico e molta gentilezza.
Tra i brani che suonano più internazionali c’è 300 anni, il cui testo è però meditativo e il passo comunque moderato. Ancora maggiori le meditazioni di Raffiche di fuga, che chiude con tranquillità un disco mai agitato.
Saldamente ancorato a tutte le radici del songwriting, David Ragghianti costruisce un disco in cui a splendere sono per lo più i particolari più minuti. Ma proprio il fatto che se ne sia preso cura dice molto delle sue capacità di scrittura.
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