Prosegue la serie Tape Crash: il dodicesimo volume della collana di Old Bicycle Records dedicata alla musica sperimentale propone uno split tra il lavoro di Stefan Christoff e quello di Jan Kees Helm, ovvero Post Mortem.

Stefan Christoff e Post Mortem traccia per traccia

Si inizia con Fenêtres sonores e con una melodia sottovoce, che sta sulla soglia senza azzardarsi ad alzare troppo il volume, disegnando così un confine immaginario. I suoni si ripetono invece con Organ rhythms under the rain, come un bussare sonoro su una porta musicale.

Si delinea invece in modo piuttosto chiaro la linea melodica, con accenti drammatici, di Silver Organ, caratterizzata appunto dalla voce dell’organo. Correspondance, con i suoi cinque minuti e 21 secondi il brano più lungo della facciata dedicata alla musica di Christoff, cammina sulle punte di suoni alti, creando un’atmosfera di sapore orientale e disseminata di echi.

E’ il pianoforte a dominare la scena negli ultimi due brani, la breve Piano in the atmosphère e Rêve populaire à Montréal, che racconta di una melodia articolata e tesa gradualmente verso l’alto.

La parte dedicata a Post Mortem, intitolata Waasland, delinea un tracciato del tutto differente: si entra nel campo del noise con rumori che evocano un vento di bufera. Voci registrate e ripetute cercano di emergere, e ben presto si aggiungono altri rumori, come di catene. Dal frastuono emerge un pianoforte dai toni gravi e lontano nello spazio: le sue sonorità risuonano nel vuoto con esiti piuttosto cupi.

Ma è un attimo, poi la bufera riprende, accompagnata da rumori ripetuti e piuttosto industrial. Il pianoforte mantiene la posizione per qualche tempo, poi il suo suono è travolto. Eppure, dopo la temperie rumoristica, ecco riemergere di nuovo il pianoforte. Ci sono anche voci confuse in un sottofondo dai toni piuttosto drammatici e ad alto tasso noise.

Il finale va incontro a una sorta di deflagrazione progressiva, dalla quale si emerge ancora con il pianoforte che conserva la propria compostezza, e con rumori di porte cigolanti e crepitii.

Il lavoro di Stefan Christoff delinea un rapporto piuttosto classico con la musica, con melodie, ritmi evidenti e strumenti ben riconoscibili. Più magmatico ed estremo il lavoro di Post Mortem, che stravolge i canoni mescolando suono, voce e rumore proiettando l’ascoltatore in una tempesta. Nel complesso è piuttosto stridente il contrasto fra i due approcci, ma anche piuttosto stimolante.

Se ti piacciono Stefan Christoff e Post Mortem assaggia anche: Simon Balestrazzi/Uncodified “Tape Crash”

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