TRAKS ti propone cinque nuove recensioni in breve per rinfrescarti la memoria su dischi che hai trascurato, e non avresti dovuto.
Umaan, “Umaan”
Umaan è il titolo dell’esordio discografico dell’omonimo gruppo piemontese, composto da Marco Barberis, Sandro Corino, Valerio Longo e Diego Mariia. Umaan porta nell’attuale panorama musicale indie un elettropop caratterizzato da synth analogici, accompagnati da melodie più spinte e pezzi emozionali, arricchiti dalla preziosa collaborazione di Riccardo Parravicini durante la produzione. Un album notturno, prodotto e pensato al buio, e che riesce a dare il meglio di sé proprio quando l’ascoltatore si lascia avvolgere dalle tenebre, magari stando al volante su strade vuote, come gli stessi Umaan amano sottolineare. Tra i pezzi migliori, sicuramente Una sola veste, la traccia di apertura, scelta anche come primo singolo. Le intenzioni degli Umaan sono chiare da subito, un pop elettronico ben fatto, pulito, con effetti vocali marcati ma non eccessivamente invadenti. Buona anche In me, ritmicamente più morbida, che con un salto nell’introspezione, persa nei rancori e nei pensieri, cerca di trovare la via di fuga alla rassegnazione dell’idea di trascorrere una vita intera senza amore. Musicalmente interessante anche Paranoia, uno dei viaggi mentali meglio costruiti dal gruppo, in un vortice di sensazioni ritmiche e di conservazione dei propri stati emotivi più profondi. In chiusura, Cristalli e il suo crescendo lento fa definitivamente comprendere che il punto di forza di questo esordio è, indubbiamente, la ricerca sonora portata avanti dal gruppo.
Chiara Orsetti
Rough Enough, “Get Old and Die”
Si chiama Get Old And Die il disco d’esordio del duo siciliano Rough Enough, prodotto da Daniele Grasso (già con Afterhours, Cesare Basile, Diego Mancino, Greg Dulli, John Parish, Niggaradio). L’album nasce con forti radici rock-blues, suoni robusti e testi in italiano, spesso improntati a un senso di protesta e ribellione, come si conviene alla musica scelta. Blob ci tiene a mettere in chiaro le cose fin da subito con un drumming particolarmente pesante, un’influenza blues molto consistente e un’aria vintage nella quale ci si immerge volentieri. #42 conferma le tendenze del brano precedente, con un drumming se possibile ancora più insistito e i riferimenti (che dai 70s scivolano su White Stripes, BRMC e compagnia) ancora più presenti. Vite sbagliate emerge dai riverberi per fornire un altro passaggio appassionato e piuttosto rabbioso. 19.05 si segnala per un ricordo autobiografico molto doloroso e con un’atmosfera conseguente. Esordio convincente, ricco di ruggine (buona) e di sensazioni positive.
Aldo Betto with Blake Franchetto & Youssef Ait Bouazza, “Savana Funk”
Savana Funk è il secondo lavoro del trio Aldo Betto with Blake Franchetto & Youssef Ait Bouazza. Nel disco si trovano ispirazioni spiritual, elettronica, musica africana, tutto mescolato con la scena jazz newyorkese contemporanea. E’ già esplicativa in questo senso la title track, che apre il lavoro tra echi di jazz che però si espandono con libertà su suoni elettronici. Episodi come Bubble Art si spingono invece in sensi molto più soft, facendo contrasto con le idee di Agmar, che invece si appoggia su ritmiche tribali e consistenti. Appare la voce, ma in stile coro muto, in Calais Blues, che conferma l’eclettismo del trio. Da sottolineare anche la fluidità, nonostante una chitarra acida, di un pezzo come 600$, con un groove maestoso. Si percepisce un’aria leggera in Dance of the Pillows, mentre Lila appesantisce un po’ il contesto, soprattutto ritmico. Altro ottimo lavoro per Aldo Betto e compagni, che convincono con un album molto vario e articolato pur senza perdere in semplicità.
12BBR, “12 Bars Blues Revolution”
12 Bars Blues Revolution è il titolo dell’EP d’esordio dei 12BBR, in uscita il 20 marzo 2017. Una “rivoluzione del blues in 12 misure”, così propone il titolo, anche se l’ep si cala perfettamente nell’aria (non sempre e non più proprio rivoluzionaria) del garage rock con tracce blues. La giovane band palermitana, vincitrice del premio critica alla 28esima edizione di “Rock Targato Italia”, apre l’ep con il singolo How Does it End? che mette in mostra buone doti vocali e un tappeto sonoro più che degno, soprattutto per il lavoro di chitarra. Scatterbrained sembra partire morbida ma poi si indurisce con l’andare dei suoni. Pistol Burnt non lascia spazio a equivoci, con una carica rock-blues che fa pensare a BRMC, JSBE e altre band non necessariamente sintetizzabili con acronimi di quattro lettere, ma anche a una buonissima personalità dei 12BBR (e anche qui con le sigle non ci facciamo mancare niente). Qualche piccolo trip di chitarra caratterizza Breeze, comunque ancora a terra da un drumming sostanzioso. Il disco chiude con Cold Floor, escursione dotata di gentilezza in linea con i pensieri della chitarra. Rivoluzionari o no, è difficile negare che i 12BBR abbiano buone doti (soprattutto vocali): le canzoni presentate nell’ep costituiscono un biglietto da visita già significativo, che preannuncia lavori più estesi da seguire con interesse.
Roberto Frassini Moneta, “About Silence”
Si chiama About Silence il primo album del contrabbassista bergamasco Roberto Frassini Moneta, presentato al recente Bergamo Jazz Festival. Il disco si lascia ampio spazio all’improvvisazione, anche grazie all’abilità dei compagni di viaggio che Frassini Moneta si è scelto: Gabriele Mitelli (tromba e flicorno), Francesco Ganassin (clarinetto basso) e Nelide Bandello (batteria). E’ Impact il cominciamento del disco, che si dipana tra caratteristiche jazz e noise. Caratteristiche che saranno un fil rouge per tutto il disco, insieme a una propensione minimalista che trova in 19 e Collasso probabilmente i punti più alti e rarefatti. Mentre Di cosa presenta sia il lato sperimentale sia quello “orchestrale” in un momento di concentrazione sperimentale maggiore. Effetti roboanti e passo pesante quello di Corbass, che chiude il disco in modo cupo e quasi costernato. Un lavoro consistente anche se riservato ai cultori del genere.