L’inferno dopo la domenica è il secondo disco solista di Samuele Ghidotti, già all’attivo come autore e frontman dei Venua. Registrato tra un’officina dismessa e il T.U.P. Studio di Brescia, l’album conta otto brani che raccontano di amori spezzati, di sogni e di frustanti disillusioni su sonorità tanto evocative quanto ruvide e alienanti.
Samuele Ghidotti traccia per traccia
C’era una volta apre il disco con la voglia di raccontare e con la personalità da cantautore che si coniuga su testi che parlano (anche) di fatti attuali e su suoni vagamente latin rock ma anche con un uso sapiente di cori e voci.
Suoni quasi industrial e un atteggiamento un po’ alla Tom Waits quello di Tempesta, tra i flutti di una canzone marinara.
Per caso si va anche avanti è una ballad con molta parte acustica, che si occupa soprattutto di rapporti di coppia, con qualche sonorità evocativa e qualche speranza nel futuro (prossimo).
Passo pesante quello di Nuova Amsterdam e delle sue vetrine equivoche. Violini e chitarre amministrano la tristezza della canzone, facendo cattivo viso a cattivo gioco.
Ecco poi la title track L’inferno dopo la domenica, ricca di proposizioni e di melodia. Molto meno morbida Un Tranquillo Weekend di Paura, che pure gira sugli accordi di una chitarra classica.
Particolare poi la seguente Conscious, scarna a livello di suoni, almeno sulle prime. E poi in crescita (con qualche piccola sovrapposizione di troppo che qui e là cancella la voce).
In un mondo che vi giuro esploderà chiude il disco su note non propriamente positive, per un brano per lo più voce e chitarra, ma anche elettrica, e con un umore che si movimenta progressivamente.
Piace come sono costruite, con attenzione al dettaglio, le canzoni di Samuele Ghidotti. Ma piace anche il risultato complessivo, un disco forte e convinto, ricco di canzoni intense e motivate.