Torna #shortraks con le sue tre recensioni di dischi che potresti esserti perso. Questa volta tocca a Fioramante, Flat 125, Dario Germani.

Fioramante, Pulp

Pulp è il nuovo disco di Fioramante, nome d’arte di Marco Alfano, cantautore classe ’89 originario di Tradate (VA). Pulp è un album che si pone come un libretto delle istruzioni per chi ha compiuto (o sta per compiere) trent’anni, per chi è stato adolescente negli anni ’00.

Pulp è il sentimento di esagerazione, dell’oltrepassare i limiti e i confini del normale. La ricerca dell’eccessivo e del sensazionale. In quest’epoca storica sembra che tutti ne siano afflitti, come fosse una patologia collettiva e questo disco è la sincera e non giudizievole visione di un uomo alle prese con questa realtà dove a volte ci si mischia e altre volte la osserva da fuori e ne racconta i particolari. Tutto immerso in un sound che rievoca la New wave e il Synth Pop dei primi anni 80 miscelandolo al cantautorato italiano postmoderno“.

C’è un po’ di confusione tra conte infantili e riferimenti porno all’interno di Gang Bang, che apre il disco su ritmi acidini un po’ funk e un po’ new wave. Un po’ di electro accompagna all’interno di Spoiler, che gioca con l’immaginario delle serie tv e delle reazioni social. Si rallenta un po’ con Vetrine, che è il primo pezzo veramente narrativo e piuttosto malinconico (e indie) del disco.

La chitarrina funky fa spesso la sua comparsa, per esempio in Monolocale, bella fitta e con qualcosa in comune con i pezzi de I Miei Migliori Complimenti. Più pensosa e un po’ triste, ma anche ricca a livello sonoro, Semidio. Si torna in ambito sessuale (e anche un po’ pulp) con Dildo, con l’onnipresente chitarretta e vibrazioni che non sono soltanto quelle musicali. Il finale è a base di synth e di creatività di vario tipo, con La nuova invenzione di Willy Wonka. Fioramante propone la propria miscela, che pur senza uscire dall’alveo dell’indie pop ha un proprio stile già riconoscibile, e non è poco.

Genere: indie pop

Flat125, Rain, Steam and Speed

Rain, Steam and Speed è il primo album dei latinensi Flat 125, in uscita per MiaCameretta Records. Flat 125 è un’idea che prende forma dall’unione di canoni legati allo shoegaze, all’elettronica e al folk. Il primo brano dell’album, The Show, tuttavia rimane su binari più vicini al rock-pop di marca internazionale.

Si procede poi con una piuttosto serrata P.O.V., che ha un cantato che mostra tutte le radici, soprattutto british. Sofferta, un po’ sintetica e con sentimenti quasi post grunge la seguente Norman, che ha uno sviluppo più voluminoso sul finale. Le atmosfere dream pop si manifestano maggiormente in Outside. Molto più arrembante Fading Lights, soprattutto dal punto di vista di drumming e chitarre.

Il drumming, peraltro, è molto attivo anche su Haunted Dreams, mentre i toni si rilassano un po’ sulle onde lunghe di Boxpark. Ma è soltanto una pausa, perché Stalking colpisce con forza e molta energia. Battiti profondi quelli su cui si costruisce Revolving Doors, drammatica e con un po’ di sporco nei suoni. Si chiude con la title track Rain, Steam and Speed, ricca di malinconie e sfumature.

Buono l’impatto e buone le sensazioni che il disco dei Flat 125 trasmette, pescando dalle influenze di riferimento ma rimodellandole in base alla propria sensibilità.

Genere: rock

Dario Germani, Alvito

Alvito, il nuovo album del contrabbassista Dario Germani è una registrazione live in duo pubblicata da Jazz Engine. Il disco cattura l’empatia sviluppatasi tra i due musicisti: il contrabbassista Dario Germani e il chitarrista Roberto Cervi. Nei dieci brani si ascoltano gli echi di Cervi sorretti dall’impalcatura armonica e ritmica del contrabbasso. Si parte dalle suggestioni di Niagara Falls, che accentua alcuni punti ripetuti ma senza mai farsi troppo rumorosa. Anche con West si rimane a minuscoli accenni sonori, anche se la chitarra dardeggia qui e là.

Si svaria un po’ di più con Tivoli, in cui piccole dissonanze tentano di deragliare dal percorso. Il viaggio prosegue verso nord con le oscurità di Toronto. Di oscurità in oscurità ecco Sora, in cui la personalità del contrabbasso emerge in pieno. Più spazio alla chitarra e alle sue variazioni in Picinisco. La breve Calcata lascia spazio a New York e alle sue luci lontane.

Più misteriosa e contorta, ecco New Orleans, mentre il viaggio si conclude con Alvito, la title track, che ha risonanze profonde e un po’ languide. Il duo si integra bene su atmosfere differenti e produce un disco articolato ma ben levigato, capace di regalare buone emozioni.

Genere: jazz, post rock

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