Per provare a captare i segnali di una società frenetica e senza via d’uscita, i submeet sono entrati in uno dei luoghi più rumorosi che esistano: il Terminal di un aeroporto, con le voci e le urla dei passeggeri che si sovrappongono al frastuono degli aerei che atterrano o decollano.
È in quel luogo di passaggio e scambio, in quella frontiera ultima o prima a seconda del punto di vista, che nasce Terminal, il primo album in uscita in vinile e digitale oggi 24 gennaio 2020 su Lady Sometimes Records del trio mantovano composto da Zannunzio (Andrea Zanini), Andrea Guardabascio e Jacopo Rossi, la cui unica precedente prova discografica è l’omonimo EP del 2017.
submeet traccia per traccia
Dopo l’introduttiva 190720_0004 si parte dai tamburi furenti di Terminal, la title track, che picchiano in profondità, accompagnati da stridii e da una voce dai toni funerei.
Capsule Hotel se la corre un po’ di più, muovendosi sempre in atmosfere rumorose ma con la new wave sempre in mente e nei suoni.
Anche più rumorosa, rapida e disperata Nimby, che oltre a far riferimento al movimento “Not In My Back Yard” pesca dai suoni più oscuri, elettrifica e rende il tutto con grande potenza.
Preda del drumming onnipervasivo White Arms, piuttosto gridata e violenta. Boelcke scivola verso il punk e picchia durissimo, accelerando nell’oscurità.
Invece Mahkkatronic arriva da lontano con i suoi battiti ripetuti. Armi pesanti anche quelle utilizzate per una RA815 REV.0 che ha rapporti equanimi con l’ispirazione punk e i suoni noise.
Hanno una certa eco i tamburi di BGY, immersa in una forte depressione elettrica. Ed è il qualche modo giusto che il disco termini con una furibonda scarica di batteria, che si colloca nella lunghissima Audiodrome.
Tutto il post punk che si può collezionare finisce nei suoni e nelle vene del disco dei submeet, che decidono di mettere in pista un Terminal rumoroso e percorso da ondate dark. Ne esce un disco interessante e magmatico, che gli appassionati del genere apprezzeranno in particolar modo.
