Testo e foto di Fabio Alcini
La pianura, la statale, le zanzare, i mucchi di fieno, il trattore che ti blocca la strada. Non sono proprio immagini che assoceresti a un concerto dei Subsonica, una delle band che per prime hanno portato a contatto l’indie (rock? pop? entrambi?) e la tecnologia. Ma una delle band cardine della rivoluzione degli anni Novanta questa sera suona a Tortona, nell’ambito di Arena Derthona, che ha un calendario eterogeneo con Fiorella Mannoia, Ex-Otago e Snarky Puppy.
Tortona è una cittadina di 27.000 abitanti o poco più in provincia di Alessandria che però ha organizzato un sontuoso palco in piazza e che riserva al quintetto torinese un’accoglienza piuttosto calorosa. Il pubblico è molto eterogeneo, con le signore over 40 e over 50 entusiaste quanto e più delle ragazzine, che presumibilmente prenderanno il sopravvento il giorno successivo, quando gli Otaghi si impossesseranno del palco.
Ma torniamo a Casacci e compagni: non c’è gruppo di spalla, perciò lo show è “esclusivo” e anche piuttosto esteso. Si parte da Bottiglie rotte, tratto dal recente 8, che a dire il vero non ha entusiasmato la critica ma che ha riservato qualche pugno in faccia notevole, e questo brano è sicuramente uno dei più impattanti anche dal vivo.
C’è subito un salto all’indietro: Discolabirinto arriva a ricordare proprio gli anni Novanta (all’epoca memorabile il video con i Bluvertigo di Morgan) e alza ulteriormente i giri. Nel terzetto iniziale c’è la versione molto acida di Up Patriots to Arms, omaggio a Battiato incluso in Eden (2011) ma anche in parte autoderisorio (nella strofa, sottolineata dalla gestualità: “E non è colpa mia se esistono spettacoli/Con fumi e raggi laser/Se le pedane sono piene/Di scemi che si muovono”).
“Forse questa la conoscete” dichiara Samuel dal palco, presentando Nuova ossessione, altro lascito del passato. C’è tempo di osservare la band al completo, in fondo sempre uguale a se stessa: il più giovane sembra Casacci, quasi 56 anni ma una forma impeccabile dietro la sua chitarra. Il Ninja ha sempre quella faccia da bravo ragazzo/serial killer che gli si conosce. Boosta si arrampica sulle tastiere come ai bei tempi. Luca Vicini, il bassista nonché elemento meno in luce della band, fa il suo lavoro con grande puntualità e sensibilità. Il più provato dai tempi sembra proprio Samuel: è in forma, salta, canta e urla, ma visto da vicino quel piccolo intervento al cuore di cui ha parlato di recente sui social può aver lasciato qualche traccia.
Si salta su “Liberi tutti”
Si torna al presente, prima con Jolly Roger, che apre proprio 8. Poi con altri due pezzi estratti dallo stesso disco, cioè Fenice e Punto critico: il pubblico non li conosce proprio a memoria ma ne apprezza senza dubbio ritmi e voglia di far ballare.
Certo l’entusiasmo è a livelli diversi quando parte Liberi tutti, un altro grande classico che fa saltare il pubblico come un tappo di champagne. Arriva anche l’ondata perfetta de Il Diluvio, con i suoi “Samurai senza pace senza guerra” e con i suoi momenti di buio e luce improvvisa. Il megaschermo alle spalle della band rimanda immagini enormi e aranciate, ma la visibilità dalla piazza rende lo screen necessario principalmente per quei quattro gatti che decidono di rimanere seduti su tribune lontane e francamente inutili, se non per chi ha reali problemi di mobilità.
Ecco poi Lazzaro e il suo invito a risorgere, con Samuel che cerca di far cantare il ritornello al pubblico, riscontrando però in questo caso qualche incertezza testuale. Poi annuncia una canzone sulla quale “se volete potete anche limonare”, cioè L’incredibile performance di un uomo morto, primo vero momento tranquillo di un live sempre adrenalinico.
Ed ecco poi una pausa, insolitamente lunga, forse per l’assenza dei classici “fuori, fuori” ma più probabilmente per far prendere al cantate una pausa ragionevole. Non sarà l’unica per lui, che si idrata spesso e che ha modo di scherzare sul discorso salute quando invita tutti a scendere in ginocchio per poi saltare: “Non mi fate incazzare che ho problemi di cuore“.
Gli autoritarismi, i colpi di pistola, le strade
Quando la pausa finisce esce il solo Casacci e parla di autoritarismi antichi, quelli del G8, e nuovi, e si capisce benissimo a chi stia alludendo. Ed ecco Sole silenzioso, scritta proprio dopo i fatti orribili di Genova diciotto anni fa. Si prosegue con un altro pezzo ad alto impatto emozionale, ma anche fra i più meditativi della band, come Nuvole rapide.
Aurora sogna è dedicata alla “bambina che c’è dentro tutti noi”: è uno dei brani-bandiera del disco forse tuttora più famoso della band, Microchip emozionale, dal quale arrivano anche Colpo di pistola, proposta subito dopo con effetti esplosivi, e Depre, con il suo ben noto elenco di ansiolitici, antidepressivi eccetera.
Poi Samuel spiega come abbiano deciso di recuperare un pezzo che non fanno in concerto da tempo, e per fortuna si tratta di Incantevole, una delle preferite di chi scrive, che regala un’atmosfera morbida e malinconica a una piazza che fin qui ha quasi sempre saltato e ballato. Il cielo su Torino arriva con un mood tutto sommato non dissimile, per una sezione di concerto che si fa leggermente più intima.
Si va verso la fine: ecco L’odore, che regala nuove energie, ecco Abitudine con tutti i suoi rimpianti, che ha una coda strumentale che ospita perfino un breve assolo di Casacci. Samuel prende ancora un po’ di fiato prima di infiammare di nuovo tutti con Benzina Ogoshi. Che, nel testo, parla del fatto di non essere riusciti a bissare Microchip emozionale. Disco che quest’anno compie vent’anni e per il quale prima è richiesto un applauso al pubblico, per poi confessare che è “Un disco che ci ha anche un po’ rotto la minchia”. Ah il cattivo rapporto fra l’artista e le sue opere.
Ma com’è noto nell’album uscito vent’anni fa uno dei pezzi forti era Tutti i miei sbagli, portata anche a Sanremo e tuttora fra le più amate dal pubblico (dalla band? Mah!), ultima gettata di adrenalina dello show. Non che non ci sia energia sufficiente in Strade, con il magnifico cantato in crescita di Samuel. E poi via a salutare il pubblico, con i quattro che si intrattengono per un po’ con le prime file, luci accese e musiche “di deflusso” già partite. Poi è tempo di tornare alla pianura, alla statale, alle zanzare, ai mucchi di fieno, ma i trattori nel frattempo sono andati tutti a dormire.