Si chiama Carne cruda a colazione il nuovo album di Giovanni Succi. Anzi, pardon, di Succi e basta, visto che di recente il cofondatore dei Bachi da Pietra ha “sintetizzato” la propria etichetta di presentazione.
“Mah è un’abbreviazione, mi sono accorto che Giovanni è troppo lungo per il pubblico contemporaneo, quindi ho abbreviato. Tanto sono sempre io alla fine”.
Detto questo, partirei dal titolo del disco. Che è in linea con la tua storia personale, ma mi sembra anche un filo più aggressivo del solito. Almeno a livello di immagine…
Ho semplificato il nome e complicato il titolo… E’ una proposta fuori dagli schemi, però non è neanche fuori dal mondo. E’ un po’ come la vita ci presenta la vita stessa tutte le mattina, ce la mette un po’ lì così.
Se lo pensi in un certo modo lo vedi anche come qualcosa di fresco, di genuino. Di autentico. Perché, comunque tu la voglia vedere, la carne, non soltanto quella che consumi ma anche la tua carne, è la cosa più autentica che hai. E quindi l’ho messa in prima pagina, semplicemente.
Peraltro, stiamo parlando di un disco che ho trovato molto vario sia come suoni sia come umori. Quali sono state le premesse?
Come il disco precedente e come tutte le cose che scrivo nasce voce e chitarra, però poi le canzoni hanno una loro storia da raccontare e quindi posso dare loro una veste adeguata a quello che raccontano.
Per cui volendo c’è sempre un motivo al tipo di produzione sonora di un pezzo. Lo si può intuire facilmente o anche no, non è questo il punto. Però per esempio in Algoritmo è chiaro il riferimento ai Kraftwerk, per alludere ai musicisti come robot. Oggigiorno non soltanto i musicisti possono essere robot ma anche chi ti sceglie la musica è un robot. E magari anche tu potresti essere un robot, perché no. Così fai anche a meno di ascoltarla. Metti in play, poi fai altro…
La verità è che ogni canzone la devo raccontare e per raccontare serve un linguaggio che di volta in volta cambia. Tanto poi alla fine ci sono sempre io a fare da trait-d’union. Volente o no tutto quello che tocco diventa Succi.
Una qualità non da poco, si riconosce immediatamente una tua canzone, grazie a uno stile maturato negli anni…
Be’ a questo punto di anni ce ne sono… Mi sono accorto che il mio pubblico di riferimento va dai 30 ai 50, non ho niente da dire ai sedicenni.
Direi che il tuo tipo di testi richiede un minimo di maturazione
Sì poi se non ci metti il cuore, la lacrima sei già tagliato fuori da quel tipo di pubblico.
Quindi il prossimo disco sarà tutto cuori e lacrime…
Mah, non so quante probabilità ci siano… Però potrebbero sempre lobotomizzarmi. Le cose lacrimose hanno già un mercato molto saturo e io non ho niente da aggiungere a questo mercato.
Su “Algoritmo” ovviamente si è fatto riferimento ai Kraftwerk, ma io ho pensato anche ai Devo.
Eh grandi… Sì anche loro…
Come nasce questo pezzo e il suo testo? Da “fatti realmente accaduti”?
Da tutta la vita mi rendo conto che la fantasia è superata e surclassata dalla realtà. Ti dico questo: hai presente Grazie per l’attesa? Parla di una situazione che è successa un paio di anni fa. E adesso all’uscita del disco mi si è ripresentata identica.
Ho pensato che fosse un complotto… Sto scherzando ovviamente, ma le compagnie telefoniche hanno cominciato a rimpallarsi la responsabilità e io per una settimana sono rimasto senza connessione, senza telefono e abito in campagna.
Quindi completamente isolato mi stavo chiedendo che cosa fosse successo nel mondo, e nel frattempo è uscito il mio disco! Quindi la realtà supera continuamente la fantasia. Non c’è niente di splendido o terribile che tu possa inventarti che non sia già successo.
Vorrei chiederti un paio di cose a proposito di tuo zio, che sembra un tizio importante… Ho trovato piuttosto geniale la chiave ironica per parlare di religione. Pensi che la religione abbia ancora una funzione oggi?
Be’ sì quella di scatenare i conflitti… Io penso che il regime feudale soprattutto in Italia non sia mai tramontato. Tu studi storia medievale e capisci i meccanismi dell’Italia contemporanea. La sacra investitura… Tu arrivi e non sei nessuno ma se ti investe il porporato…
Io rispetto profondamente Dio che sta sulle nuvole con il suo barbone, non gli mancherei mai di rispetto. Gli chiederei semplicemente se un giorno potesse togliersi dalle scatole. Magari sarebbe un giorno di pace. Non completa perché poi ci sono mille altri motivi per darsi addosso. Però, un motivo di meno.
Viviamo in un clima in cui si torna a sventolare il rosario, baciare le ampolle… Va bene… Ma per esempio questa intervista è autorizzata da “zio”? Cioè il telefono, la registrazione… Magari stiamo facendo una cosa perversa, che non era nei piani!
Ora che mi ci fai pensare… Be’ ce ne faremo una ragione
Sì, sperando che non venga qualcuno a farcela a noi, una ragione, più che altro.
In effetti, non si sa mai di questi tempi… Io sto a Casale Monferrato, perciò qualcosa su “Grigia”, che parla di Alessandria, te la devo chiedere obbligatoriamente. E anche qualcosa sulle città di provincia e con la provincia piemontese in particolare.
La canzone all’inizio quasi come un poema, aveva un testo lunghissimo in cui avevo sfogato tutto il mio livore sulla città… Poi mi sono accorto che l’avevo proprio riasfaltata completamente, e forse non era giusto farlo.
Quindi ho tagliato un sacco di strofe e ho lasciato quelle che designavano una storia che poi è vera. Dico sempre di Alessandria che è una città “incantata”, nel senso che non l’ha cantata mai nessuno. Ed è difficile da cantare, perché cosa canti di Alessandria?
Quando sono fuori e dici “Alessandria” la gente visualizza il nulla, se dici un qualsiasi altro capoluogo di provincia che non sia, poniamo, Campobasso, la gente visualizza un oggetto o qualcosa.
Invece Alessandria che potrebbe essere la capitale, non so, del Borsalino, passa tutto sotto traccia, non viene riconosciuto perché non viene mostrato, io non ho ancora capito questa cosa.
Quando dici Alessandria la gente visualizza la nebbia. Solo che quando la nebbia non c’è vedi Alessandria. Che, povera città, ne ha viste di cotte e di crude. E’ stata bombardata, rifatta dai geometri nel dopoguerra.
Però è incredibile per chi è dell’Astigiano (io sono nato ad Alessandria ma mi sento molto più vicino alla provincia di Asti) andare in una città che sta trenta chilometri più in là e non trovare i vini, la Barbera d’Asti, di Nizza, il Barolo, il Nebbiolo… Hanno il bianco e il rosso! Insomma sei in Piemonte, anche perché trenta chilometri più in là ci stanno facendo i soldi con queste cose…
Comunque Alessandria è un po’ sradicata dal contesto, non sa bene dove mettersi, però non voglio offendere nessuno. E’ solo il mio punto di vista e io sono un grande artista completamente superfluo.
“I melliflui” sembra una canzone contro il buonismo e a favore dei maschi alfa, ma scommetto che non è così. Ce la spieghi?
Mah guarda un po’ è così. Intanto non è contro nessuno, è una constatazione di un dato di fatto. Al mondo vincono i lacrimosi, al mondo vincono i piagnoni, quelli che spacciano la bontà a buon mercato. E va bene, è anche giusto. I guerrieri sono soli.
Io non faccio parte della categoria dei melliflui, che peraltro apprezzo molto, tipo Lindo Languido, che ti consiglio vivamente, se vai su Spotify c’è tutta una categoria Lindo Languido… O se no Gino Melenso, un grande nome del pop italiano.
Mi ha fatto ridere il “warning” nella presentazione a proposito di “Meglio di niente”: non suonatela alle feste di compleanno o nei centri commerciali. Qual è la tua canzone che tu suoneresti a una festa di compleanno?
Mia penso Remo, che se poi siamo sulla spiaggia va bene per tutti.
È passato qualche anno dal tuo ultimo lavoro con i Bachi. Vedi il tuo futuro prossimo sempre in solitaria oppure c’è la possibilità di vederti di nuovo in qualche formazione, vecchia o nuova?
L’agricoltura ha inventato la rotazione tanto tempo fa. E io sono rimasto contadino e mi ci sono adeguato. Ci ho messo tanti anni a capirlo però alla fine credo di averlo capito.
E i Bachi infatti usciranno credo il prossimo anno. Ci stiamo già lavorando. Comunque la cosa che ritengo buona è che il mio repertorio personale come Succi raccoglie tutte cose che non andrebbero a finire nei dischi dei Bachi.
Di solito quando scrivo per Succi viaggio con i Bachi, quando viaggio con Succi scrivo o lavoro per i Bachi. Queste cose cercherò di alternarle, e se il pubblico mi segue ne sarò felice.
Bene allora spero di vederti presto in giro…
Be’ non succederà ad Alessandria perché ci ho suonato soltanto una volta negli anni Novanta… Però apro il tour ad Asti al Diavolo Rosso il 1° novembre.
Perfetto, allora ci vediamo lì.