Uochi Toki, “Malæducaty”: la recensione
Gli Uochi Toki pubblicano Malæducaty (Light Item), un ritorno al rap per il duo. Il disco che nasce direttamente nell’amarezza della sconfitta durante gli attriti degli Uochi Toki con il pubblico e con le varie strutture umane che definiscono l’Attuale, invece che da un’idea narrativa sorretta da uno sguardo lucido.
E’ un percorso di oscurità, accettazione e rinascita in 17 fasi che non promettono mai catastrofe o lieto fine. E’ un disco in cui si cambia continuamente argomento anche se ogni traccia è concatenata con quella successiva, scritto e composto di getto come lo zaino che si prepara in fretta quando si sta scappando dagli inseguitori o quando ci si sta preparando ad inseguire qualcuno.
L’influenza degli ascolti rap passati o presenti è più di concetto che sonora, e trasformata creativamente da letture come “La vera storia dell’hip hop” di Dr.Pira o “Apocalypso disco” e “Frankenstein goes to holocaust” di Dj Balli.
Si tratta di un disco che permette l’accesso sia a chi non ha mai ascoltato nulla degli Uochi Toki, sia a coloro che li seguono da tempo, dove gli accenni autoreferenziali sono sempre bilanciati da un corrispettivo di apertura a nuove orecchie, sempre a patto che queste stiano cercando qualcosa di Altro e siano vivaci e attente.
Il disco esce per Light Item, etichetta di elettronica esplorativa fondata da Rico e Gèc Megabaita qualche anno fa con l’obiettivo di stanare compositori e produttori di elettronica noground e nostream per portarli a suonare in luoghi avventurosi. Ci sarà quindi, oltre al rinnovato set di elettronica e voce (questa volta senza visuals) pronto per club, festivals, e spazi preposti, un set a pile acustico portatile non bookabile destinato ai luoghi dove lo show business non arriva.
Uochi Toki traccia per traccia
Basta Poesia! accende i motori del disco, con un background minimalista per un rappato consistente e curiosamente vicino al poetry slam.
Si vola più alto, nonostante sonorità più oscure, con Poesia quantica, che tratta di fisica ma anche per affrontare i disturbi dell’oggi.
C’è un’atmosfera religiosa di stampo orientale con Onigiri (che come noto peraltro sono una varietà di sushi). Qui il discorso è più fitto e nasce da esperienze dirette di concerti (o attese delle tali). Interessante il cantato ubriaco del finale.
Con Res ort si tratta di coltivazione di pomodori, con un rap forzato e volutamente artefatto, con riferimenti agli esordi dell’hip hop.
Vegan* stammi Vicin* rimane su tematiche alimentari e ambientaliste, ma in modo piuttosto combattivo. Con qualche considerazione nei confronti dell’opportunità di togliere le “o” dal titolo.
Ed ecco perciò anche Stallo alla messican*, che come molte altre tracce poggia su uno sfondo praticamente industrial, partendo però da considerazioni linguistiche.
Si prosegue con Innocuo, che in un certo senso porta un messaggio che è l’esatta negazione della storia dell’hip hop.
Filtri vocali e rimbalzi di drumming introducono Le sigarette, altro pezzo piuttosto integralista, con effetti stranianti.
Si torna su concetti di comunicazione con la nervosa Lingua Memese. Ce la si prende con gli anziani con Fascia d’età.
Un po’ più depressa e un po’ cantilenante Cambio domanda, che si articola su un dialogo allungato. Più breve e ricca di vuoti Revisionare l’amore, molto più aggressiva.
Non immediatissimo il messaggio di Fate il ladro fate l’estetica, che in realtà si riferisce a dissidi con il pubblico che richiede canzoni che evidentemente non hanno voglia di fare.
Digei Graff è un elenco che parte da Game of Thrones e arriva all’Iliade, senza risparmiare parole gentili per tutta una serie di personaggi molto amati dal pubblico.
Ricordi d’adolescenza (non troppo gentili) sono al centro di L’archetipo dell’imballabile, foderata di percussioni impazzite e allusioni orientali.
Grazyae è una specie di elenco di divieti surreali. Si chiude con La Macchina del Tempo Libero, ultimo assalto, sonoro e ai luoghi comuni.
L’hip hop degli Uochi Toki segue percorsi, soprattutto mentali, del tutto peculiari. Ne esce un disco davvero curioso e sorprendente, anche se il duo non ha mai lesinato sulle sorprese. La verve combattiva colpisce e così la loquacità complessiva, in un disco che può stordire.