Monosportiva Galli Dal Pan è un progetto di spoken music formato da Eugenia Galli (performer del collettivo Zoopalco) e Lorenzo Dal Pan (Heathens Band) in cui la poesia si fonde a un’elettronica pop giocosa ma sempre velata di inquietudini e malinconie. Nato di recente il duo ha realizzato in studio un ep di cinque brani. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.
Vorrei sapere come nasce il vostro duo e come avete deciso di mettere insieme poesia ed elettronica
L: Due anni fa contattai Eugenia su Facebook dopo aver scoperto il mondo della poesia performativa attraverso il collettivo Zoopalco. Le proposi di avviare insieme un progetto di spoken music: ero rimasto subito colpito dai suoi testi e dalla sua voce. Io produco musica da tempo, suono in una band di musica elettronica, gli Heathens, ma volevo sperimentare qualcosa di nuovo.
E: Credo che la musica sia la patria naturale della poesia e che la contaminazione tra queste due arti sia un fatto spontaneo, intuitivo. Per me lo è sempre stato: anche prima di conoscere Lorenzo scrivevo per musica. Non è necessario che si tratti di elettronica, ma in questo caso mi è sembrato un binomio vincente, forse perché produce un contrasto.
Gli incontri tra poesia e musica sono stati tentati a più riprese e per decenni, con risultati alterni. Pensate che il poetry slam abbia migliori possibilità di dialogo con il pop?
E: Il poetry slam è più che altro un format, un contenitore all’interno del quale si trovano pratiche artistiche così differenti da rendere la risposta impossibile. Certo, la poesia che normalmente si incontra in uno slam è una poesia che fa i conti fin da subito con un pubblico di ascoltatori più che di lettori, e che per questo adotta meccanismi che sono propri – per esempio – del rap. Paradossalmente, il fatto che questo sia un progetto organico di musica pop ha aggiunto complessità alla mia scrittura, mi ha dato la possibilità di scegliere fra tante soluzioni espressive che il format-slam non permette.
Mi incuriosisce lo stile dei testi e il linguaggio, spersonalizzante da una parte ma poi capace di entrare in zone molto intime. Quali sono fonti di ispirazione e quale il lavoro dietro questo stile di scrittura?
E: Mi riesce molto difficile parlarne in prima persona, ma posso fare un tentativo. La mia fonte di ispirazione primaria è stata La Ballata di Rudi di Elio Pagliarani, un “romanzo in versi” la cui lettura ad alta voce mi ha accompagnata durante tutti i mesi di scrittura dell’ep. Però stiamo parlando di un capolavoro composto nell’arco di trent’anni: i miei poveri versi non aspirano a un confronto.
A me interessa stabilire una forte connessione con l’ascoltatore, ma non voglio servirgli il piatto pronto, perciò lo sfido, gli tendo qualche trappola. In fondo però metto sempre la comunicazione al primo posto: non mi spaventa l’idea di essere – a modo mio – pop, e forse le zone più intime sono anche quelle che più accomunano tutti, artisti e pubblico.
Mi raccontate come nasce “Ta ta ta”?
L: È la prima canzone che abbiamo scritto. Durante la nostra prima conversazione su Facebook Eugenia mi propose questa poesia, io rielaborai delle mie vecchie tracce e costruii delle melodie ispirate al testo. Così nacque Ta Ta Ta.
E: Quando ho conosciuto Lorenzo avevo appena scritto il testo: avrei voluto usarlo per il mio progetto di spoken music precedente, ma il musicista con cui lavoravo l’aveva scartato. È una poesia a cui tengo molto perché racconta la storia di mio nonno da un punto di vista femminile – il mio, immaginandomi anziana e afasica com’è diventato lui. Tutto il testo si regge su un tema – la comunicazione – che come dicevo mi sta particolarmente a cuore. È una poesia che parla di sillabe, di parole.