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Uscirà il primo aprile il nuovo disco dei Titor. E sarà L’Ultimo, quello definitivo, che chiuderà e forse non riaprirà più i giochi sulla rock band che ha subito un certo numero di cambiamenti dalla precedente uscita Rock is Back, di quattro anni fa. Ecco la nostra intervista con la band.

 Come nasce l’idea de “L’Ultimo”, che si estende anche al tour e alla promozione del disco? Volete mettere sotto pressione i fan o voi stessi?

Mettere sotto pressione qualcuno è “l’ultimo” dei nostri pensieri… L’ultimo è un invito alla concentrazione, ma è anche un gioco tipico della nostra comunicazione, legata allo spazio-tempo, come a dire “si ricomincia dalla fine”. Tutto ciò che accadrà continuerà ad accadere come l’ultimo, ed è proprio ad una sequenza continua di ultimi eventi che ci piace pensare. L’ultimo è, infine, un altro modo per concepire “l’unicità”!

Mi sembra che l’umore del disco sia piuttosto arrabbiato, ma con qualche spazio per la meditazione, soprattutto in alcuni dei testi. In quale atmosfera avete affrontato la lavorazione del disco?

Il Rock che abbiamo in testa è da sempre aggressivo, ciò ci rende “arrabbiati” nei presupposti. In realtà questo disco è stato concepito in una atmosfera densa di cambiamenti. A partire dal trasferimento geografico di Sabino, il cantante, che ormai da tempo è residente a Parigi, al mio cambiamento radicale di visione del mondo con l’arrivo del mio primo figlio Matteo, e non “ultimo” (ma tutto è l’ultimo…) l’inserimento di Francesco, il bassista, nella fase di scrittura e composizione dei brani, cosa che in Rock is Back, disco precedente, era accaduta in forma molto ridotta.

Tutto questo e altro ancora ha contribuito alla stesura del disco… la fede intesa come fiducia oltre la speranza, la religione, la convenzione, l’oscurità, il terrore, l’amore, la morte, la fine, l’inizio. Il disco è un cammino verso la riflessione,non è un disco dissacrante. O almeno, è meno dissacrante di tanti altri dischi.

Nel disco appaiono collaboratori provenienti dalla scena underground torinese. Potete spendere due parole per ognuno di loro?

Cominciamo da Serena “Krusty” Manueddu, che canta in “AL.D.LA” e in “COME-COPIE-DI-COPIE”, ed è anche la protagonista del primo video/singolo. Quando è venuta in studio per registrare siamo rimasti tutti molto colpiti dalla sua preparazione, un’intonazione perfetta, una voce che vagamente ricorda la cantante dei Die Antwoord, gruppo che a me e a Sabino piace molto. Giovanissima, senz’altro farà parlare di sé.

Poi abbiamo Lucia Lou Mastrorosa, che canta in “999”, lei è la voce dei Blou Daville e degli Spareparts, due formazioni torinesi di ottimo livello.  La terza voce femminile è Giorgia, potentissima rocker cittadina (attualmente vocalist per Kilauea ) che duetta con Sabino nella nichilista May Day. Abbiamo avuto il piacere di avere con noi Rocco Brancucci, voce de I Fasti, formazione torinese che porta avanti un discorso che trova i suoi riferimenti in gruppi come Massimo Volume e simili, dove il contenuto letterario è il fulcro di tutto il loro manifestarsi, I Fasti sono una band incredibile.

In “LA FINE DEL GIORNO” abbiamo avuto l’onore di ospitare un assolo di chitarra del mio Guitar Hero preferito, Luca Catapano, al momento chitarrista leader dei Black Wings of Destiny, nonché chitarrista dei Church of Violence e mio socio in un progetto chiamato “Il Pensiero sarà un Suono”. E infine, in “JE M’ACCUSE” abbiamo ospitato i CIBO, band INRI, amici, grandi musicisti, che proprio adesso stanno preparando il loro nuovo album.

Titor: azzannando il presentatore
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Trovo che “Novecentonovantanove” sia tra le canzoni più interessanti del disco. Potete raccontare come nasce?

Ero a casa, suonavo la chitarra in cerca di un riff che girasse su un beat inedito per i Titor. Faccio partire quindi questa batteria elettronica stupidina con un beat un po’ emo e gioco a fare lo scemo con note romantiche e struggenti… mi immagino a Sanremo, con Sabino che canta una canzone struggente, con gli archi dietro che stridono ruggenti, fino a quando Sabino non azzanna una spalla del presentatore, il quale, con il sangue che gli esce dalla spalla, ci fa abbandonare il palco con la solita frase di circostanza…”grazie ai Titor, con la loro energia, il codice per votarli è…” e così via.

Quando registro e invio agli altri l’idea di base, non credevo l’avrebbero presa così bene. Invece è piaciuta e abbiamo accettato la sfida. Da quel provino in poi l’apporto di Francesco e Azza alla musica è stato fondamentale, e per ultimo, Sabino ha fatto fare il salto al brano direttamente nella tracklist del nuovo album, indovinando alla perfezione ciò che poteva essere cantato su quelle sonorità. Siamo davvero soddisfatti di quel brano, davvero. Il testo racconta un’esperienza personale di visione del “sistema” laddove, implodendo, porta con sé veramente tutto, al di là delle solite retoriche classiste e meritocratiche per giustificarne gli effetti… E canticchiando… Non ce ne stiamo assolutamente accorgendo.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Non siamo sicuramente fissati con questo genere di cose, ma, stringendo, io ho utilizzato due testate e due casse per chitarra linkate tra di loro, diverse tra loro, e, utilizzando microfoni diversi sulle casse ho ottenuto, per ogni pennata di chitarra, ben sei tracce contenenti 6 suoni diversi, e ho suonato con la mia solita Telecaster che mi accompagna dal 1996.

Francesco ha utilizzato il suo basso Mari, un basso artigianale costruito, appunto, da Umberto Mari, liutaio torinese, e un grosso amplificatore per basso, microfonato e ripreso anche in linea, ovvero direttamente collegato al banco, diciamo. Azza ha usato una batteria DrumSound, anch’essi costruttori torinesi, che ha preso in prestito da me. Sabino ha cantato davanti ai pregiati microfoni messi a disposizione nello studio 211db di Dario Colombo (a Torino, nel sotterraneo di Spazio211!) , che si è occupato delle riprese del disco, ma soprattutto ci ha seguito nella fase di arrangiamento dei brani, fungendo dunque da produttore artistico.

A coronare il lavoro ci ha pensato Gianni Condina (già fonico in studio per Subsonica, Linea77, Levante…), tecnico del suono incredibile, che ha a parere mio una delle qualità più importanti che deve avere un tecnico del suono: tratta i mix rispettando ciò che trova nelle tracce registrate e tutto ciò che fa lo fa per un motivo preciso, per un motivo inconfutabile. Il mastering ai Finnvox Studios di Helsinky, nella persona di Mika Jussla, ha dato al mix di Gianni quella sensazione 3D che si sente nel disco, e in questo Mika è un campione, tant’è che ha lavorato per Turbonegro, Nightwish ed altri artisti fortissimi.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Be’, dipende cosa intendi per indipendenti… Se per indipendenti vogliamo dire gli artisti che fanno quello che vogliono senza discriminare le proprie scelte a fini esageratamente commerciali, noi diciamo Max Gazzè e Perturbazione.

Se invece intendi indipendenti i gruppi che sono indipendenti dalle grandi case discografiche, al momento la lista di quelli che ci piacciono è molto numerosa!
Cinque nomi su tutti: Calibro35, Ronin, Cayman The Animal, LnRipley e Maria Antonietta.

A ogni modo il concetto di “indipendenza” lo vediamo a oggi un po’ anacronistico. E’ interessante concepire il concetto di “libertà” nella musica anche se legato a forme di “dipendenza” tecnicamente parlando! Grazie per la tua attenzione, davvero! Questa è l’Ultima intervista di Titor.

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