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Dopo una decina d’anni “da band”, benché in accompagnamento a un pensiero solista, Novadeaf diventa sostanzialmente un artista individuale con collaboratori e realizza {CARNAVAL}, disco ricco di spunti e sfaccettato. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Federico Russo per capirne di più.

Hai sciolto la band precedente e adottato una politica più vicina al disco da solista, con collaboratori che si alternano: puoi spiegare questo cambio di approccio?

Avendo sempre scritto io i pezzi per i Novadeaf questo è sempre stato un progetto fondamentalmente mio, anche se ci tengo a dire che gli arrangiamenti dei pezzi nei primi due album erano un lavoro veramente collettivo.

Quando abbiamo pubblicato “Humoresque”, il nostro secondo disco, ed è venuto il momento di promuoverlo in giro, ho capito non solo che l’interesse degli altri componenti verso il progetto stava scemando ma soprattutto che per motivi pratici ed economici l’impostazione da band non era più praticabile. Per questo, dopo averci pensato un po’ su, ho deciso di non fondare una nuova band e di approcciare il nuovo album come un vero e proprio lavoro solista.

Con quale tipo di ispirazione e di atteggiamento hai affrontato le lavorazioni su {CARNAVAL}? Puoi spiegare il titolo, comprese le parentesi graffe?

“Humoresque” era un disco piuttosto monocorde nelle atmosfere, tutto incentrato sulla perdita, il lutto e la malinconia. Così mi sono ripromesso che il disco successivo sarebbe stato più luminoso, più divertito e soprattutto più vario. Un piccolo mondo multicolore. Credo di esserci riuscito.

Inoltre mi ero un po’ stancato delle sonorità hard rock dei precedenti dischi. Infatti in questo ci sono pochissime chitarre distorte e molte più tastiere. Come ho fatto per i dischi precedenti anche stavolta ho rubato il titolo a una raccolta di brani per pianoforte di Robert Schumann. L’ho fatto perché anche il Carnaval di Schumann è un piccolo mondo, pieno di personaggi e di scenette dalle atmosfere più disparate, dall’allegria sfrenata alla malinconia più struggente. PS: Le parentesi graffe sono il sipario!

Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?

A parte che me lo sono dovuto pagare tutto di tasca mia direi nessuna. È stato molto divertente poter decidere tutto, dalla tracklist agli arrangiamenti ai mixaggi. Ho avuto piena libertà e ne ho approfittato, ci ho messo tutto quello che mi andava, dall’elettronica agli archi, dal funk al folk. Le difficoltà emergono ora che il disco è finito: è praticamente impossibile riproporre dal vivo un simile lavoro in modo fedele!

Novadeaf: applausi alla “famiglia”

novadeafCome nasce “Sterile”?

Era una melodia con cui giocherellavo da circa sei mesi senza trovare un testo adatto, e neanche un argomento. Poi ho visto in tv l’ultimo Sanremo, quando hanno fatto salire sul palco quella famiglia iper-cattolica con 16 figli. Era chiaro che i due genitori erano persone con problemi mentali seri eppure tutti li applaudivano e celebravano in nome de “la famiglia”.

Mi hanno fatto pena ma poi mi sono incazzato perché ho pensato che per tanti italiani, ancora oggi, uno spettacolo simile, ovvero due idioti irresponsabili che sfornano un figlio dopo l’altro, tutti destinati all’infelicità, è più accettabile che vedere due uomini che si baciano o che si sposano o magari che crescono un figlio amorevolmente. Ed è questo pensiero ad aver dato vita al testo di “Sterile”. L’ho scritto piuttosto in fretta e il giorno dopo sono andato a inciderlo.

Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

Ho cantato, ho suonato la chitarra acustica (le parti più semplici), il basso elettrico e il pianoforte. Matteo Amoroso ha suonato la batteria e Matteo Quiriconi ha suonato la chitarra elettrica e acustica (le parti difficili). Ho scritto le parti di sintetizzatore in midi e le ho fatte eseguire al mio MicroKorg; ho scritto le partiture per gli archi e le ho fatte eseguire a Ellie Young e Asita Fathi. Infine ho chiamato Naif Motenai (alias Antonio Maffei) e Andrea Carboni perché dessero un contributo agli arrangiamenti di due brani.

Chi è l’artista indipendente italiano che stimi di più in questo momento e perché?

Immanuel Casto, perché è una persona intelligentissima e perché porta avanti un progetto molto particolare con grande dedizione e serietà e anche con un certo coraggio. Ma soprattutto perché canta canzoni pop scritte e arrangiate benissimo.

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