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Si chiama Unlike Here il nuovo disco dei veneti Syncage. Consolidatosi a Vicenza intorno al 2008, il quartetto si è stabilizzato qualche anno dopo, pubblicando prima il singolo Hellound e poi l’EP Italiota, che hanno presentato ad ascoltatori e addetti ai lavori più attenti questa formazione progressive sui generis, con combinazioni strumentali anomale e un’idea di convivenza tra svariate influenze che vanno dalla fusion all’art-rock, dalla musica colta al rock sinfonico anni ‘70. Inevitabile approdare ai Prosdocimi Recording Studios, regno della registrazione analogica sotto l’egida del produttore Mike 3rd ((Pat Mastelotto, Tony Levin, Benny Greb, ExKGB etc.) e il mastering di Ronan Chris Murphy (King Crimson, Robert Fripp, Steve Morse).
Syncage traccia per traccia
School è la prima traccia, portatrice di un sound prog-metal confinante (e a volte sconfinante) nel math, tra i decenni antichi, soprattutto i 70s, e sensazioni molto più contemporanee. Violino e percussioni aprono Uniform, che ha passi mediterranei, arricchita da qualche gioco vocale.
Still Unaware affronta il lato del progressive melodico, con vasto uso di tastiere e di vocalità piuttosto “libera”. Chitarra acustica e drumming fanno da base introduttiva di Skyline Shift, poi corroborata da un basso piuttosto free e dalle tastiere, e infine da una coda elettrica. Una certa dolcezza caratterizza Stones can’t handle gravity, pur innervata da percussioni e ritmi in crescita.
Redirect parte con un giro chiaramente rock, quasi garage, ma stiamo pur sempre parlando di un pezzo di quasi 8 minuti: infatti presto intervengono numerose variabili e strumenti che spalleggiano il ruggire della chitarra elettrica. E le traiettorie diventano imprevedibili. Bearing the Colour è leggermente più rettilinea, senza che per questo non ci sia spazio per la fantasia, soprattutto da parte della sezione ritmica.
La lunga Edelweiss, suite da oltre 14 minuti e mezzo e vero e proprio cuore del disco, parte da un recitato e poi si costruisce su sensazioni elettroniche che si confrontano con gli strumenti analogici. Come sempre in questi casi la struttura del pezzo è cangiante e attraversa varie fasi, dominate per lo più da un carattere melodico.
Hunger Atones torna a sconfinare in territori che vanno dal prog al math, seguendo le tracce di chitarra e basso su alternative che possono far pensare a King Crimson così come a formazioni jazz. Si chiude con la title track, l’altra suite Unlike Here, che si annuncia in maniera piuttosto altisonante. Poi il pezzo prevede pause, ottime per far ripartire il discorso a ritmi ancora più alti.
Disco di buon livello, quello dei Syncage, che si fanno beffe dei decenni e pescano a piene mani dalle influenze preferite senza preoccuparsi di ciò che può suonare datato. Il risultato è un disco dalle molte facce, pieno e ricco.

