Antonio Aiello, “Synderesis”: la recensione

Synderesis è il nuovo album di Antonio Aiello, su etichetta Doremillaro Records. Un disco scuro, ossessivo e a tratti psichedelico. Un viaggio nell’insofferenze dell’animo dell’autore.

Così il comunicato stampa: “I brani che compongono Synderesis (termine uguale sia in inglese che in tedesco) hanno un’origine breve, tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno 2016, a cavallo del compleanno, il 33simo, di Antonio Aiello. L’insofferenza a 360° nei confronti dell’esistenza (lavoro, famiglia, salute, relazioni umane, denaro) conduce alla nascita di questo disco che diventa un modo per condividere questo malessere e, un modo per passare il tempo che scorre o che ci rimane ( dipende sempre dai punti di vista). Il disco è un urlo che, purtroppo, appartiene ormai ad una generazione ( la famosa X) che, disillusa, affronta una realtà alla quale non appartiene più o a cui non ha mai appartenuto. Un disco scuro, ossessivo e a tratti psichedelico. Monotonia, rumore, voci a volte sgradevoli, note volutamente stonate accanto a musica come siamo soliti ascoltarla. Si fondono e si confondono ossessione e unicità”.

Antonio si avvale, oltre che del suo contrabbasso, di compagni essenziali quali: Giuseppe Schillaci al synth, rumori, voce in diversi brani, fonico, tecnico, ingegnere del suono e sostegno essenziale nell’assecondare le follie dell’autore; L. Lombardo alle chitarre e per la prima volta in studio alla tromba; Emiliano Cinquerrui alla voce (Morire d’Inedia); Alex Munzone alla batteria (Ivanov).

Antonio Aiello traccia per traccia

Inno alla noia è la traccia introduttiva, composta su cantato/recitato particolarmente enfatico in tedesco e arpeggi di contrabbasso. Non si acquista in vivacità ma in mobilità sì con Morire d’inedia, che aggiunge ronzii sinistri. Qui il cantato, italiano, è strisciante.

Bestie si allunga un po’, sempre con atmosfera plumbea e funerea, pensieri suicidi, isolazione della voce in maniera icastica. Retrogusti di Velvet Underground nell’apertura di Garibaldi, ma anche distorcimenti e dissonanze, sviluppate a lungo su volute scomposte ma coerenti.

Vögel und Kartoffeln inizia con un lungo recitato (in italiano), cinico, autocritico e crudo, poi chiuso da arpeggi d’umore funereo. Passeggiata in 13-8 si muove su scale dispari, con un sentimento jazz ma anche con rumori di fondo di città.

Califano cambia voce e racconta un aneddoto, su passaggi mobili di contrabbasso. Una tromba sgangherata e nervosa introduce To-Morrow. Hikikomory torna al recitato e ai pensieri autolesionisti, chiusi da un surreale “pappappara”.

Ma chanson triste ospita invece la sola voce del contrabbasso, impegnato in una melodia di sapore tetro. Completamente diverso il vestito di Aracnofilia, con una chitarra elettrica molto acida ad accendere luci dove prima c’era soltanto ombra.

L’uscita dal disco è affidata a Ivanov, con un drumming rock a sorreggere un recitato stavolta quasi ottimista, almeno come toni, benché il testo vada in direzione totalmente opposta.

Posto che non è facilissimo per un pubblico particolarmente vasto affrontare e toccare le tematiche totalmente nichiliste sulle quali Antonio Aiello costruisce il disco, è apprezzabile la coerenza di vivere il paradosso in maniera totalmente coerente, anche dal punto di vista di sonorità scelte con attenzione ed eseguite con cura.

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