I titoli non sono tutto, ma sono importanti. Ecco che, di fronte a un titolo come Volevamo Suonare Indie Rock, Ma Siamo Zarri Dentro, viene spontaneo fare un passo indietro e chiedersi che cosa si ha di fronte.

Si ha di fronte un ep di cinque canzoni firmato dai Baudelaire’s Conspiracy, trio di Gallarate di giovani dj/producers, che aggiungono un twist piuttosto aggressivo a una base elettronico/danzereccia.

Si diceva del titolo: se ne sono visti, onestamente, di migliori. Forse sarebbe stato più “cool” fornirne una versione inglese (anche perché tutto il disco è cantato nella lingua di Shakespeare). Ma sarebbe sbagliato fermarsi al titolo.

Baudelaire’s Conspiracy traccia per traccia

Anche perché nell’ep c’è parecchia sostanza: si parte con Catch the Train, dal ritmo medio e dal sapore nord europeo, con qualche evidente influenza dei mostri sacri dell’elettronica più recente, ma anche con una personalità piuttosto spiccata in mostra fin da subito.

Molto più serrato il ritmo di Sonnet D’Automne (altro titolo fuorviante, ma stavolta baudelairiano): il pezzo, strumentale, suona davvero indie, ma con l’iniezione della sonorità del flauto di La Zen che aggiunge un tocco considerevole di fantasia a un brano già molto interessante.

Alpines don’t need a vocalist prosegue su ritmi alti ma ripristina il cantato, anche in forma di simil-coro alpino (appunto), ma appoggiato su un ritmo drum’n’bass piuttosto furibondo.

Si prosegue con Drum’n’Bass vs. Cardiff, che apre tra soul e reggae e con un bel sound di basso in partenza, poi apre di scratch e accelera di nuovo, portandosi quasi in ambito ska, grazie ai fiati.

Si chiude con The Rhapsody, versione club mix, ove il club mix è piuttosto evidente e accentuato. Il pezzo, quasi strumentale fatto salvo per qualche sample vocale, riporta alla mente certi pezzi danzerecci dei decenni scorsi, con un ritmo non indiavolato ma martellante.

La lezione di Madchester e dell’alternative rock associato all’elettronica è evidente nel lavoro dei Baudelaire’s Conspiracy, che in occasione del loro esordio collaborano anche con There Will Be Blood.

Ma è evidente anche il talento dispiegato dai tre ragazzi, che mescolano con sapienza analogico ed elettronico e che sanno calibrare i propri interventi: ne risultano cinque pezzi di notevole spessore, che forniscono un ottimo biglietto da visita per un trio da tenere d’occhio.

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