TRAKS torna a proporti cinque recensioni in breve di dischi che potrebbero esserti sfuggiti.

Figé de Mar, “Come un navigante”

figé de marQuattro ragazzi giovani, spezzini, uniti dalla passione per la musica e per il mare: questo sono i Figé de Mar, ragazzi del mare in dialetto ligure, che nel primo ep, intitolato Come un Navigante, hanno racchiuso la loro essenza. Cinque tracce di rock marinaro, a cominciare dalla prima traccia, Questa pelle, che proprio come gli uomini di mare fanno, guarda con malinconica amarezza la città di origine, croce e delizia di gioventù. Sulla stessa scia proseguono Riscatto, fotografia di un passato non così lontano, accompagnato da un ritornello piacevole e da chitarre divertenti da suonare e da ascoltare. I riferimenti al grande cantautorato appaiono prepotenti in Dove, in cui si avvertono Guccini, De André, ma anche Modena City Ramblers. Boulevard potrebbe essere la colonna sonora di una serata estiva, di una notte da film, in cui la realtà può essere abbandonata per qualche ora e lasciare posto al sogno. L’ep si conclude con una ballata, La città, morbidamente accompagnata al pianoforte e dove il cantato culla come le onde del passato. E, visto che il mare rimane uno dei punti cardine in ogni traccia, non si può che affermare che “Come un Navigante” sia un esordio con il vento a favore nel mondo del nuovo pop – rock.

Chiara Orsetti

Pajarritos, “Cream”

pajarritos, recensioni in breveI Pajarritos, con la produzione “nobile” di Madaski e l’intervento altrettanto notevole di Tormento sulla traccia Performance, pubblicano Cream, ep da sei tracce inserito pienamente nella corrente del P-FUNK. Si parte dai viaggi aerei con 737, ma si continua per tutto il disco a volare nei cieli del funk, con un’attitudine piuttosto sfrontata e portata alle mescolanze. Cani si rivela più corale, aggiunge i fiati, profuma di black. Do££aroni viaggi su giri anche più alti, con echi disco. Ritmi più lenti e passo più pesante per Can’t Get Enough, mentre è molto più aperto il sound scelto con Performance, con il già citato contributo di Tormento. Guida il basso nella conclusiva Feel the Song. Buoni risultati e buone attitudini funk per i Pajarritos, che riescono a combinare bene tutti i numerosi elementi a disposizione.

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Harrison Storm, “Change it All”

Harrison StormStrettamente legato all’ (ultima? Penultima? Una delle molte?) ondata di songwriter acustici-ma-non-solo, l’australiano Harrison Storm pubblica Change it All, un ep da quattro canzoni. Ex studente universitario, ha abbandonato l’università per dedicarsi al busking musicale nella città di Melbourne, un primo EP del 2015 finanziato con i soldi raccolti da quest’esperienza e prodotto dall’amico Hayden Calnin. Morbidezze di pensiero e suono sono evidenti fin dalla title track, che apre il lavoro. Anche la seconda traccia, Meet Me There, si incontra su un piano soffice, ma con malinconia prevalente, qualche falsetto e una tessitura insistita di chitarra. Chitarra che apre, sempre con molta moderazione, Old and Grey, anche se il brano prevede poi qualche salita di tono. Si chiude con Dreams, che conserva lo stesso mood e le stesse quantità di moto delle precedenti. Ben poco di tempestoso, per uno che si chiama Storm. Ma buone qualità di narrazione intima e scelte classiche, ma ben fatte, sul piano delle sonorità.

Culto of Magic, “:o”

cult of magic, recensioni in breveL’ep :O è l’opera zero del collettivo Cult Of Magic: i temi della guerra, della religione rivelata e del culto della monogamia nonché la totale inaderenza del soggetto alla realtà circostante. Il misterioso “collettivo iperumanista” colleziona influenze, le plasma in un ep da cinque canzoni e forgia uno stile proprio piuttosto consistente. La prima traccia è Molotov, che mescola qualche emozione sintetica con un cantato distaccato e idee new wave. Alcune fratture di senso emergono ne I superstiti, che usa l’italiano e anche sonorità più massimaliste, spesso digradanti e anche in modo dissonante. Abbiamo perso la guerra svolta nettamente verso l’indie rock “italiano” (stampo Verdena), con discorsi bellici d’antan a corredo. Momenti di “scarico” più fluidi e strumentali arrivano con :O, seguita da Betty, che chiude il disco con momenti tra il romantico e lo psichedelico. Per certi versi sorprendente, questo emoji-fatto-ep mette in evidenza potenzialità notevoli per il collettivo Cult of Magic.

Dionisyan, “Delirium and Madness”

dionisyanEcco il progetto Dionisyan, che mette insieme elementi di musica classica (periodo barocco) e metal. Il secondo disco del progetto è Delirium and Madness (titolo completo Delirium and Madness – Concerto Grosso Opera N ° 2 in G Minor), pubblicato da Sliptrick Records. L’ “Atmospheric Doom Metal fuso con il Metal Symphonic Baroque” si produce in pezzi particolarmente altisonanti come la traccia di apertura Blood Prophecy o la seguente e lenta Beyond the Reality. Passi pesanti anche quelli di Edge of Twilight, mentre le sonorità barocche si scontrano con il muro elettrico della chitarra con In the Mirror of my Soul. I contrasti con la voce di SIlvia Balistreri e le sonorità elettriche massicce sono particolarmente evidenti in brani come Incarnated Spirituality. Gli ultimi due brani del disco, Deep Agony e Guardian Angels, lavorano su piani anche più oscuri. Progetto “d’élite” per sua natura, anche se con vaste applicazioni in campo metal, Dionisyan mette in campo una notevole complessità di struttura e di aspirazione.

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