Andrea Rota è passato da una band, i Plastic Made Sofa, a una carriera solista che per il momento annovera soltanto tre singoli ma che si può già osservare in ottima luce. Si è scelto il nome di battaglia Calabi e gli abbiamo rivolto qualche domanda.

Tre singoli pubblicati finora, decisamente promettenti. Che cosa bolle in pentola per questo 2019? Avremo un album intero da ascoltare? 

Nel 2019 uscirò con 3 ep, per l’album è ancora presto. Mi piace l’idea di creare dei contenitori tematici che possano valorizzare al massimo l’intensità dei brani e apprezzarne le sfaccettature. Proprio in questi giorni è uscito il mio ultimo singolo Bleu che racconta la fine di un amore. Che poi un amore non finisce mai per davvero, se è stato vero amore. L’ho scritta di pancia una sera di maggio, è arrivata veloce come un soffio. calabi, cinqueminuticonIl brano anticipa l’uscita di un ep che si chiamerà Come si sta male, come si sta blu.

Appannata e calda è la macchina protagonista di Via Brigata Lupi e l’atmosfera che sa creare. Ma, dicci la verità, dopo quella notte la storia con la ragazza dagli occhiali è andata avanti? 

Sì. Vivo un amore che è fonte inesauribile di ispirazione, un privilegio assoluto.

Scrivere è un’attitudine, e tra un testo, un racconto o una canzone spesso il confine è labile. Mi ha incuriosita sapere che sei anche autore di libri per bambini. Forse sono proprio i giudici più severi, a cui non sfugge nulla, perché in un mondo che corre loro sanno anche stare fermi e immergersi totalmente nella lettura. Ci racconti qualcosa della storia che hai scritto a cui sei più legato? 

In realtà mi occupo di didattica della matematica per bambini dai 5 ai 10 anni.

Sono un fisico teorico di formazione, e mi sono ritrovato un po’ per caso a sperimentare percorsi con i cuccioli. Il mio credo è mettere al centro la bellezza intrinseca della matematica e rimuovere le sovrastrutture inutili che creano barriere.

calabi, cinqueminuticonL’estetica è un linguaggio universale accessibile anche ai più piccoli. Scrivo libri, realizzo giochi in scatola e promuovo la geometria intesa come creatività, mi diverto insomma. Ho scritto anche dei brevi racconti sotto forma di rebus. Il mio preferito si chiama “Il gatto del sultano”.

Torniamo alla musica, e all’altro tuo singolo, Le terrazze. Esiste davvero un posto in cui si può fare pace con se stessi, in cui tutto si riallinea? 

La felicità è qualcosa di molto fugace per me. Una sensazione che quando mi investe può durare anche solo qualche istante, un soffio. Spesso sopraggiunge senza un reale motivo, talvolta è un luogo a regalarci del benessere, a farci cambiare lo sguardo sulle cose.

Le Terrazze racconta la ricerca di un altrove e di un sé felice. A volte accade.

Manca un mese a Sanremo. Per la prima volta artisti come Zen Circus, Ghemon, Achille Lauro e Motta saliranno sul palco dell’Ariston, aprendo le porte al mondo “parallelo” della musica italiana. Gli addetti ai lavori, però, sono scettici. Tu cosa pensi di questa invasione di campo?  

Penso che fosse impossibile ignorare la scena indipendente italiana in questo momento calabi, cinqueminuticonstorico di straordinaria fioritura. E’ evidente che questa ondata debba fissare dei nuovi canoni anche per realtà che sono rimaste congelate per anni, come Sanremo.

Le nostre interviste si concludono sempre con una playlist. Magari per mantenere un’atmosfera morbida e avvolgente come quella che hai saputo creare tu…

Malamente, Rosalia

Le vent nous portera, Noir Désir

Frigobar, Franco126

Time to pretend, MGMT

Limonata, Calcutta

Colored emotions, Night Moves

Pulviscolo, Colombre

All things must pass, George Harrison

Il posto più freddo, I Cani

Hurt, Johnny Cash

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Chiara Orsetti

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