Daniele Faraotti, personaggio cult della scena underground emiliana, polistrumentista psichedelico con radici che si estendono fino a Syd Barret, Alberto Camerini, Frank Zappa e Robert Wyatt, ha pubblicato qualche tempo fa English Aphasia (Creamcheese Records), album in cerca di rilancio.
Con parentele psichedeliche, progressive, canterburiane, sperimentali, il disco si dipana su nove tracce a volte spiazzanti e sicuramente meritevoli di attenzione.
Daniele Faraotti traccia per traccia
La traccia d’apertura è anche la title track, English Aphasia, e mette in chiaro alcuni punti fin da subito: ci sono pochi steccati e si fa ciò che il percorso musicale richiede. Ne esce una traccia da sette minuti con alcuni fiati e alcune svolte curiose, qualche eco prog e una certa teatralità d’insieme.
Un giro lento accompagna I Got the Blues, in cui oscurità e malinconia prendono la scena, lasciando spazio a tentazioni psichedeliche (e crimsoniane) di vario genere.
Tastiere giocattolo e giri inquietanti contraddistinguono Connection, che si appoggia sul morbido anche se ha un drumming rustico ma determinato.
Gli anni Sessanta britannici riemergono nei suoni di Between For A Day Trust, sempre con qualche appiglio che sta tra Canterbury e il progressive.
In alcune delle sonorità si avvertono anche influenze alternative più recenti, per esempio la Beta Band o gli Xtc in Zawie III, che in realtà è un omaggio a Bowie.
Rimbalza più volte, si fa elettronica e introduce suoni curiosi, tipo un clacson da Il sorpasso, Leonore Sprache, condita da un recitato in tedesco.
Ci sono gli archi in Sea Elephant, malinconica e un po’ british, benché il testo sia per una volta in italiano, con qualche retrogusto PFM.
Piuttosto sfumate le sensazioni offerte da Telephone Line, che segue linee di chitarra morbide e ondeggianti.
Si chiude con una spettrale Joni George Igor and Me, mossa da pulsioni sconosciute e vagante nell’etere quasi preda dell’improvvisazione, un po’ jazz un po’ Beatles periodo indiano.
Un disco interessante ed estremamente sfaccettato, curato nei dettagli e indifferente alle mode del momento: Daniele Faraotti alleva la propria creatura senza perdere mai d’occhio i particolari né la visione d’insieme.