Con un nome riferito a un canide australiano, ma anche con una notevole carica post grunge, ecco i Death Town Dingo: li abbiamo intervistati.
Come è nato il nome Death Town Dingo?
Nei primi mesi di vita del gruppo mancavano certezze, un cantante e un repertorio completo. Con l’ingresso nel gruppo di Matt la band ha iniziato a macinare brani e i testi rispecchiavano in pieno le atmosfere e il sound che avevamo creato, ma mancava ancora un nome. La ricerca non è stata lunga ma dovevamo identificare un essere vivente, affamato, incazzato, emarginato e perseguitato in un contesto decadente e desolato. E così fu. Il canide australe ai margini di una cittadina spettrale abbandonata in un deserto polveroso ci apparse in sogno intimandoci in branco di attraversare la via principale costeggiata da cadaveri…
Ci parlate della vostra storia fino a qui?
Nessuno di noi si conosceva prima della fine del 2013. Io e Mik, il bassista, iniziammo a suonare insieme con il primo batterista dopo esserci conosciuti a un concerto. I primi brani che avevano in mano, devo ammettere che mi stupirono sin dal primo ascolto perché era proprio quello che cercavo in quel periodo, un equilibrio fra grunge e alternative-metal immersi in uno stoner rock senza compromessi.
Mancava però il front-man, quello che doveva tradurre i nostri brani in parole, e che non tardò ad arrivare, per caso, per culo o per sfiga, alla fine conosciamo Matt… I mesi successivi furono molto pesanti, perché dopo i primi live ci siamo trovati già ad aver a che fare con cambi di line-up, due batteristi in poco più di sei mesi se li è mangiati il dingo e già eravamo in ginocchio dopo aver fatto altre 5-6 date nel Milanese e dintorni. Entro poche settimane, però Sergio era già pronto e da giugno-luglio 2015 dopo aver avuto il culo per terra, abbiamo tirato fuori le palle e non ci siamo più fermati.
Come è nato il vostro album omonimo? E le sue sonorità?
Come dicevo prima, dopo aver avuto momenti molto cupi, in pochissimo tempo abbiamo dovuto rialzare la testa per ricominciare da zero per due volte: così abbiamo deciso che il primo disco doveva rimarcare e sottolineare il nostro nome e noi stessi, non poteva che essere così. Dall’ingresso nel gruppo di Sergio abbiamo acquisito più groove e potenza e questo ha alimentato anche una migliore esecuzione dei brani e la generazione di sonorità più profonde prima solo accennate e sfiorate all’interno delle strutture dei brani che proponevamo. Le singole tracce, nei testi, raccontano esperienze personali e visioni della realtà degenerata attuale immerse nel contesto musicale turbolento, a cui non mancano momenti di riflessione, rabbia e reazioni incontrollate.
Che rapporti avete con il grunge del passato e del presente?
Il grunge lo abbiamo suonato e ascoltato da talmente tanti anni che ci si è attaccato addosso. A livello compositivo, l’ispirazione arriva dagli anni ’90 senza dubbio e senza citare nomi irraggiungibili e troppo grossi per noi. L’esecuzione e le sonorità forse in alcuni casi si avvicinano di più alle recenti band che stanno rappresentando la nuova generazione di questo genere, ampliato, esteso e avvicinato anche ad altri stili musicali. Il grunge non è la nostra unica fonte d’ispirazione, anzi molto spesso ci allontaniamo per poi riavvicinarci senza essercene resi conto.
Ho letto che “I DEATH TOWN DINGO sono ispirati dalla rabbia e dal malessere nei confronti della decadenza del genere umano e della nostra società”. Cosa potete dirmi a riguardo?
Direi che, senza pretese, ci avviciniamo a quei gruppi che fanno musica per scuotere, spronare o indurre la gente a una reazione rispetto alle situazioni negative che viviamo ogni giorno, ai fatti che ci vengono buttati in faccia senza ritegno e che contraddistinguono la degenerazione della società a partire da chi comanda il sistema e che contagia continuamente il mondo in cui viviamo.
A livello culturale ed etico stiamo assistendo a un tracollo clamoroso che ha coinvolto le masse ma che è arrivato pesantemente anche in mezzo a noi. Nella musica underground, esempio casuale, assistiamo a scena pietose di personaggi pietosi che stanno contaminando e hanno inquinato da tutti i lati anche gli ambienti che si credevano fonti di cultura e aggregazione con rivalità stupide, ipocrisia e ignoranza da dove vediamo, purtroppo, poche luci filtrare per il futuro. Noi non siamo pessimisti o negativi, anzi a livello personale non è così. La riflessione su quello che ci sta intorno però ci ha influenzati musicalmente e nella musica esprimiamo la nostra frustrazione e rabbia. Grazie per averci invitato e per questo spazio. A presto.