In absentia Dei è l’ep d’esordio di Rosario Siciliano, aka DueMari, anticipato dal singolo “Un giradischi e poi la nostra canzone …” e pubblicato dalla label Formica Dischi. Ecco la nostra intervista.
Cosa significa per te il titolo In absentia Dei e come si riflette nei brani dell’ep?
Non ci leggo nessun significato soggettivo, l’espressione In absentia Dei (quindi “In assenza di Dio”) credo esprima un significato chiaro di suo. Per quanto riguarda i brani, basta non ascoltarli con superficialità per dedurne la correlazione.
Puoi spiegare il concetto di “concept circolare” che hai menzionato per questo ep?
Inizialmente “In absentia Dei” doveva essere un album; dal momento in cui le tracce si sono ridotte a cinque mi rendo conto che è difficile ricavarne il filo narrativo, ed è per lo più quello a renderlo circolare (anche se in realtà, con un po’ d’impegno, ci si riesce pure).
La prima traccia, quindi Ninna nanna, e l’ultima, Il linguaggio dei corpi (dove non esiste il giorno), si svolgono nello stesso posto, allo stesso momento; è il cerchio che si chiude. In quanto alla forma musicale, assecondando appunto la narrazione, è circolare nella misura in cui l’ep raggiunge una completezza soltanto pensandolo a puzzle finito, lasciando a ogni tassello, quindi a ogni brano, il proprio ruolo.
Come hai deciso l’ordine delle tracce per creare l’effetto domino della narrazione?
Ninna nanna è l’unico brano scritto al tempo passato. Ti immerge nel contesto, come fosse una sorta di “C’era una volta”; in realtà è la
fine della storia, quella in cui il protagonista si “addormenta”. Poi, molto semplicemente, l’ordine delle tracce è dettato dalla narrazione, dunque si riavvolge il nastro con “Un giradischi e poi la nostra canzone… “, l’inizio di questa storia, ma la fine di una relazione che ha delle conseguenze importanti, e quindi da lì l’effetto domino.
Dunque Eterna, un brano che detta già un po’ la trasformazione del protagonista e che contestualizza così chi come lui vive quel contesto. Poi Invisibili: la sua ormai totale mancanza di contatto col mondo esterno, se non con l’attuale compagna. Ultimo e più intimo Il linguaggio dei corpi (dove non esiste il giorno), brano che chiude il cerchio narrativo riportandoci così a Ninna nanna (dove tutto è iniziato, o finito).
Puoi descrivere il viaggio emotivo del protagonista dell’ep, dal primo all’ultimo brano?
Avessi saputo farlo a parole avrei scritto un libro. Ogni brano, musicalmente parlando, credo rispecchi in pieno (o quantomeno questo è stato il mio intento) l’emotività del protagonista a seconda del punto della narrazione. Quindi piuttosto che descriverlo vi inviterei ad
ascoltare l’ep.
Quali sono le influenze musicali che ti hanno ispirato nella creazione di In absentia Dei?
Ne ha così tante che faccio fatica io stesso a riconoscerle.
Come è stato lavorare con il producer Fabio Zini e quali contributi ha portato al tuo progetto?
Per me è stato molto bello, lui potrebbe non rispondere allo stesso modo. Il filo tra l’essere perfezionista e l’essere uno scassa mar*ni è veramente labile, e mi rendo conto che non è facile lavorare con me, soprattutto se si parla del mio progetto. Detto ciò credo mi voglia comunque bene. A livello tecnico ha sicuramente fatto un lavoro incredibile. Il carattere sperimentale dell’ep è dettato per la maggior parte dalla produzione, ed era esattamente ciò che cercavo.
Come hai trovato l’equilibrio tra le tue esperienze precedenti con altre band e il tuo progetto solista DueMari?
Non l’ho trovato, il disturbo dissociativo della personalità sta dietro l’angolo.
Come hai vissuto il passaggio da un background classico e sperimentale a un progetto più personale e intimo come DueMari?
Non credo ci sia mai stato un passaggio; io trovo che anche quel tipo di background è in qualche modo presente nel progetto DueMari.
Quali sono i tuoi piani futuri dopo l’uscita di “In absentia Dei” e come vedi evolvere il progetto DueMari?
A: divertirmi
B: non mi piace prevedere il futuro, son un fan delle sorprese.