Emiliana Torrini presenta il suo nuovo album intitolato Miss Flower, a distanza di quasi dieci anni dal precedente. Come ben noto, noi di TRAKS sconfiniamo fuori dal patrio suolo solo di rado (non per nazionalismo, ma per pura sopravvivenza: presente quanti dischi, singoli e video italiani escono ogni giorno?)
Però ci si presenta l’opportunità di raccontare il nuovo lavoro di questa artista straordinaria, di origini italiane ma di nascita islandese, autrice di brani magnifici e molto conosciuti (da Sunny Road e Jungle Drum a colonne sonore iconiche per film come Il Signore degli Anelli: Le Due Torri). E non ci pareva proprio il caso di declinare l’invito. Anche perché il nuovo progetto presenta notevoli spunti d’interesse.
Ispirato da una scatola di lettere scritte alla madre della sua amica Zoe, Geraldine Flower, Emiliana Torrini intraprende un viaggio profondamente personale con il suo ultimo album Miss Flower. Esplorando un vasto patrimonio di lettere, diari e fotografie, Emiliana, Zoe e il collaboratore di lunga data e produttore Simon Byrt hanno scoperto un tesoro di storie che rivelano uno spirito libero e incantevole che ha sfidato le norme sociali.
Come spiega Emiliana stessa:
Miss Flower viveva avventurosamente e a modo suo, guidata da qualcosa di diverso dal matrimonio e dalle convenzioni, una lealtà coraggiosa alla sua verità. Ha ricevuto nove proposte di matrimonio e non si è mai sposata. Gli uomini erano ossessionati da lei e alcune lettere parlano di cuori infranti, altre di grande passione, altre ancora di spionaggio e incontri segreti, e alcune sono molto divertenti. Per me, come autrice dei testi, è stato il paradiso. Zoe mi ha dato tanta libertà artistica e le sue stesse storie sulla madre si sono intrecciate perfettamente con le lettere
Ma non c’è soltanto il disco: Miss Flower è anche un film-documentario-performance, che Emiliana ha messo insieme con l’aiuto di alcuni collaboratori di notevole fama e prestigio: The Extraordinary Miss Flower di Iain Forsyth & Jane Pollard (20.000 days on Earth) vede come protagonisti, oltre alla Torrini stessa, Richard Ayoade, Siggi Baldursson, Nick Cave, Alice Lowe, Mark Monero, Niall Murphy, Angus Sampson, e la voce di Sophie Ellis-Bextor.
Emiliana Torrini sarà anche in Italia lungo il suo tour, con una data al Teatro Valli di Reggio Emilia il 28 settembre e una all’Alcatraz di Milano il 29 settembre.
Emiliana Torrini traccia per traccia
Black Water parte sottovoce e con fare insinuante. Viene da pensare a episodi antichi di PJ Harvey, almeno prima che il pezzo metta le ali e spieghi la sua delicatezza in modo graduale ma deciso.
Con Lady K ci si muove in contesti diversi e più colorati, con le sonorità che permangono dentro limiti di gentilezza ma con un piglio determinato e un fraseggio molto fitto.
Con Waterhole ci sono contorni che si delineano con calma, come baciati da una luce che si alza progressivamente. Dreamers arriva subito dopo a cesellare profili acustici, avvolti dalla voce di Emiliana, malinconica ma consolante al tempo stesso.
Ecco poi la title track Miss Flower, cuore piuttosto scuro del disco, che scivola piano piano ed entra in circolo grazie alla voce sussurrata e notevolmente vicina. Si parla di cose da gustare e da assaggiare, in un pezzo particolarmente caldo ed emotivo.
Più serene le atmosfere di Black Lion Lane, con qualche breve schitarrata e dialoghi abbastanza freschi e pop, sempre senza perdere in eleganza. “Ciao bello/dammi un bacio” è un piccolo refrain inserito in modo quasi scherzoso in italiano nel testo.
Piuttosto danzata, e non potrebbe essere altrimenti, anche l’atmosfera di Let’s Keep Dancing: ma è un ballo sensuale e intimo, non certo una danza scatenata. Si parla di persone che dimenticano, ma forse il ballo può mantenere forti le memorie.
Versi amorosi quelli di Love Poem, costellata dai suoni del synth, che mantiene il carattere di gentile determinazione che distingue tutto l’album. Si fa notturna e avvolgente The Golden Thread, lenta e costruita onda dopo onda, raddoppiando la voce e inserendo un pianoforte dai suoni particolarmente intensi. Il disco si chiude con A Dream through the Floorboards, strumentale al piano che sa di congedo finale.
Un lavoro intimo e intenso, che si delinea attorno a un personaggio ben preciso, ma che assume profili di universalità come ogni storia raccontata bene.