Emanuele Coggiola, “Dopo la pioggia”: recensione e streaming

Dopo la Pioggia è il nuovo lavoro di Emanuele Coggiola. Scritto in collaborazione con l’amico Francesco Milo, autore ed editor per Giunti, è un esperimento di auto-fiction nato dalla condivisione di esperienze vissute in parallelo nel corso di anni deraglianti. Un filo narrativo, un unico flusso emotivo attraversa tutte le tracce, seppure ciascuna autoconclusiva, di questo concept album sull’elaborazione del lutto sentimentale.

Quasi tutte le canzoni sono state composte sulla chitarra, poi le originarie versioni semi acustiche si sono arricchite di atmosfere rock ed elettriche. La vocalità si colloca nel solco della tradizione cantautoriale italiana (Fossati Battiato sono i riferimenti principali), ma il sound e l’arrangiamento trovano ispirazione nelle sonorità di artisti internazionali come Pink FloydThe CureRadioheadArcade Fire.

Emanuele Coggiola ha composto, arrangiato e prodotto tutte le tracce (con l’eccezione di In Silenzio e Intimo Esilio, arrangiate dal bassista e amico Iacopo Fallani) e suonato la quasi totalità degli strumenti (escluso il basso). Altri musicisti hanno preso parte alle registrazioni con interventi su singole canzoni, tra i quali Gian Filippo BoniGiacomo Guatteri e Alessandro Cresci (Luciferme), David Iozzi (di cui Emanuele ha prodotto il primo lavoro discografico), Gianni SalamoneFrancesca TorreMark Di FlorioIacopo FallaniAndrea Beninati Renato Valente. Determinante il contributo di Margherita Zavelle come seconda magica voce solista di Imprudenti Bisogni.

Emanuele Coggiola traccia per traccia

“Incerta luce/deboli stimoli”: non è all’insegna di forza o potenza l’incipit del disco di Emanuele Coggiola. Anzi il discorso è sottile, sommesso, “debole”, soprattutto consapevole della propria fragilità. “La pioggia cade nei vicoli del cuore”: immagini magari non travolgenti, ma consone a un brano tranquillo e struggente come Canzone per un amico, che apre l’album.

Battiti più determinati e atteggiamento alt-rock con qualche pizzico di dark wave quello che invece contraddistingue Nudo e fragile, con la voce di Francesca Torre che domina la scena.

Atteggiamento abbastanza mobile quello di Con gli occhi all’indietro, che si diffonde morbida ma dinamica in varie direzioni, richiamando qualcosa di vagamente battistiano, ma anche della scuola romana Fabi-Gazzè-Silvestri.

Si recupera sul lato drammatico con In mezzo ad ogni lacrima, che però controbilancia la parte passionale con un drumming crepitante e un lavoro fitto della chitarra.

Una pena casalinga quella che descrive con calma e malinconia Intimo esilio, forse figlia del lockdown, forse di altre segregazioni che hanno motivi più personali. C’è David Iozzi e c’è molta chitarra elettrica per rivolgere Un canto al cielo, forse la più “epica” tra le canzoni del disco.

Immagini molto oscure e un sentimento psichedelico che striscia alle spalle si incontra una volta giunti a In silenzio, che serpeggia gradualmente e si allarga un po’ per volta.

Quasi cosmogonica, poi semplicemente avventurosa, la narrazione che contraddistingue la title track, Dopo la pioggia, che di nuovo fa pensare un po’ a Gazzè, senza mai perdere però di originalità.

Lirica e acustica la vitalità che traspare da Imprudenti bisogni, che si avvale della voce di Margherita Zavelle, inserendola in un contesto molto tranquillo e piuttosto folk. Il basso si muove in modo disinvolto su Non chiedermi… che lascia puntini di sospensione ma in realtà esprime una certa determinazione in testo e suoni.

E’ ancora il basso a dettare i tempi (rapidi) de Il tempo per me, che va via agile, con idee piuttosto chiaramente pop. Si indulge a descrizioni di eccitazione in una non imperdibile Tight dress, con Gianni Salamone.

Si recupera compostezza con Lento respirare, che parla di lacrime salate, ma lo fa con la dolcezza degli archi. Si chiude con Greetings from the horizon, che ha di inglese soltanto il titolo, e che celebra il congedo dal disco con un mood tranquillo ma in modo dinamico.

Cuore in primo piano per la copertina ma anche per gran parte del disco di Emanuele Coggiola, che lavora bene sia dal punto di vista musicale, aperto a qualche piccola sperimentazione e comunque coerente e armonico, sia per dei testi che non cercano l’immagine folgorante, piuttosto lo sguardo profondo e introspettivo, che però risulta comprensibile e spesso universale.

Genere musicale: cantautore

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